2015-02-07 10:30:00

Canada, sì a suicidio assistito. Vescovi: promuovere cure palliative


Una decisione inaccettabile, che delude: così mons. Paul-André Durocher, arcivescovo di Gatineau e presidente della Conferenza episcopale canadese, dopo la decisione della Corte suprema del Canada che ha autorizzato il suicidio assistito. Per i magistrati il divieto previsto dal codice penale viola la Carta dei diritti e delle libertà. Ma ascoltiamo lo stesso mons. Durocher, al microfono di Olivier Bonnel:

R. – Noi vescovi del Canada siamo rimasti delusi davanti a questa decisione della nostra Corte suprema e vogliamo invitare tutti i canadesi a continuare a fare tutto il possibile per portare conforto e sostegno a coloro che stanno morendo. Per noi curare una persona non è portarla alla morte, ma accompagnarla verso la morte. Allora, noi continueremo a promuovere le cure palliative, a casa, e per incoraggiare tutti a lavorare per il miglioramento della situazione degli anziani, i disabili, i malati, coloro che sono abbandonati.

D. – Ha parlato delle cure palliative, non sono abbastanza sviluppate in Canada?

R. - In qualche città, sì, in qualche luogo, sì, però in tutto il Paese, no. L’altro problema è che questi servizi non sono completamente sostenuti dal governo e si devono fare sforzi per trovare il denaro necessario per offrire questi servizi. Allora, c’è grande spazio ancora per migliorare questi servizi per tutta la popolazione canadese.

D.  – Questa decisione, secondo lei, potrebbe essere letta come una vittoria dei diritti “individualisti” sul bene comune?

R. – Sì, è chiaro. La Corte dice che il diritto alla libertà individuale è il motivo della decisione. Questa libertà individuale non tiene in conto dell’effetto di queste decisioni su tutta la popolazione. E’ una visione molto individualista della persone: è come se la persona non facesse parte della comunità. In questo senso, sì, è una vittoria dei diritti “individualisti”.








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