2015-02-06 15:20:00

Riforma banche popolari. Becchetti: scelta incomprensibile


La riforma delle banche popolari italiane "può essere vista come parte di un più ampio sforzo di riforma per allineare l'economia italiana ai migliori standard di efficienza europei". Lo ha affermato il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta. Per il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, “il decreto del governo, "intende rafforzare una parte importante del sistema bancario che ha fatto bene e farà anche meglio". Ma è in particolare il mondo mutualistico e cooperativo dei territori che critica la riforma delle banche popolari, che diventeranno Società per Azioni, presentata dal governo Renzi. Luca Collodi ne ha parlato con l’economista Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica all’Università degli Studi di Roma, Tor Vergata:

R. – Trovo la riforma delle banche popolari assolutamente incomprensibile! E ci sono diversi motivi per cui lo è: ne dico alcuni. Tutte le crisi bancarie degli ultimi tempi sono quasi tutte crisi di grandi banche Spa: quindi, l’idea di trasformare delle banche a voto capitale in grandi banche Spa è un controsenso. Le faccio solo l’esempio di Northern Rock, la famosa banca dove ci fu la corsa agli sportelli: bene, quella era una banca mutualistica trasformata in Spa. Poi possiamo parlare del credito: quali sono le banche che fanno più credito all’economia reale? Negli anni della crisi 2010-2013 – ce lo dicono i dati della Cgia di Mestre – sappiamo che le popolari hanno aumentato i prestiti del 15,4 per cento alla clientela; le banche Spa li hanno diminuiti del 4,9 per cento. Le banche Spa sono banche che massimizzano il profitto, quindi devono creare più valore possibile per gli azionisti. Se fossi il premier Renzi mi domanderei: ma perché – qualcuno dice che questi sono i compiti a casa che ci ha dato l’Europa – negli altri Paesi europei nessuno pensa di cancellare il voto “capitario” per le grandi banche popolari? (ndr, il voto capitario è la regola per la quale ogni socio è titolare di un singolo voto indipendentemente dal numero delle azioni possedute o rappresentate). L’Europa è piena di banche popolari: quasi il 40 per cento degli sportelli sono banche popolari, Banche di Credito Cooperativo e banche mutualistiche.

D. – Prof. Becchetti, qualcuno definisce il decreto di riforma delle popolari anticostituzionale …

R.- E’ anticostituzionale! L’art. 45 della Costituzione dice che la Repubblica italiana riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità senza fini di speculazione private e ne favorisce l’incremento. Ora, questa cosa va contro l’art. 45 della Costituzione e la procedura adottata – che è una procedura di urgenza – non ha alcun senso. Non c’è nessuna gravissima crisi di questo settore. Anzi è il settore che agli stress-test della BCE è andato molto bene: si guardi nei dati di Iccrea. E quindi la procedura, né nella sostanza, né nel processo, ha senso. Quindi hanno ben fatto alcuni partiti, in Parlamento, a presentare l’eccezione di costituzionalità.

D. – I parlamentari saranno in grado di difendere la cooperazione e la tradizione sociale delle banche popolari?

R. – Spero proprio di sì! Ma la domanda che mi faccio è questa: chi consiglia il governo su queste cose? Usando una metafora, vorrei direi che, forse, il governo ha chiesto consulenza alle faine o alle volpi sul fatto se bisogna tenere o no aperta la porta del pollaio di galline, che tra l’altro, sono galline dalle uova d’oro… Ovviamente, spero che nel Paese ci siano gli anticorpi necessari per difendere questo mondo e per fare le opportune riforme, perché le cose di cui si parla – la scarsa contendibilità delle banche popolari – sono cose che si riservano con metodi completamente diversi. Basta mettere il limite ai mandati: se io metto il limite ai mandati ho risolto immediatamente il problema della contendibilità. Quindi, ci sono delle risposte a quelli che possono essere le giuste riforme e i miglioramenti che tutto il sistema bancario deve realizzare - e non solo ovviamente le cooperative e le popolari - ma la risposta non è certo quella dell’abolizione del voto capitario.

D. – Prof. Becchetti, pensa che l’elezione del presidente Mattarella possa valorizzare l’esperienza mutualistica al servizio della gente delle banche popolari?

R. – Visto anche il discorso iniziale del presidente….lo spero. La cosa peggiore è far diventare questo problema, che è un problema serio e su cui bisogna riflettere, un muro contro muro tra – diciamo - il premier che si vuole accreditare come persona decisionista e l’opposizione pregiudiziale. Sulle cose bisogna ragionare: ci sono questioni e questioni.

D. – Perché le banche popolari sono un modello utile per la società italiana?

R. – Perché seguono la regola democratica di una persona un voto. Diciamo che portano la democrazia all’interno dell’azienda e hanno creato nel tempo molto capitale sociale. Quindi sono banche ben capitalizzate, sono banche che servono maggiormente il territorio. Gli studi europei dimostrano che hanno una minore volatilità degli utili, perché sono banche non necessariamente dedite alla massimizzazione del profitto. Hanno la missione del credito, di fornire credito al territorio.








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