2015-02-05 07:40:00

Nigeria: truppe Ciad contro Boko Haram, miliziani in Camerun


Sempre più critica la situazione in Nigeria, aggravata da un attacco di pirati che al largo delle coste meridionali del Paese hanno dirottato una petroliera greca, uccidendo una persona e prendendone in ostaggio tre. In un’altra azione armata, quattro impiegati nigeriani di una compagnia petrolifera sono stati sequestrati nel Delta del Niger. In questo clima di insicurezza, è emergenza nel nord est del Paese. I terroristi di Boko Haram hanno ucciso oltre cento persone, sconfinando nel nord del Camerun, nella zona di Fotokol. Proprio nelle ultime ore l’aviazione nigeriana aveva bombardato postazioni di Boko Haram, con pesanti perdite tra i miliziani, forse 200. A questa grande offensiva contro gli estremisti islamici partecipano le truppe del Ciad, il cui esercito ha riconquistato la città nigeriana di Gamboru. Francesca Sabatinelli ha intervistato padre Efrem Tresoldi, direttore della rivista dei missionari comboniani Nigrizia:

R. - È il segnale di una regionalizzazione del conflitto. Da tempo si vedevano già dei segnali di questa estensione del conflitto. Ad esempio, il Camerun ha tentato, in maniera timida, di respingere, di "buttar fuori", Boko Haram dal suo territorio confinante con la Nigeria, ora invece è entrato in campo il Ciad che in questi anni vuole proporsi un po’ come potenza regionale. Lo ha fatto in Mali quando, nel 2013, ha appoggiato l’esercito francese per respingere i jihadisti qaedisti che volevano conquistare il Paese. Lo ha fatto in maniera più subdola, però ugualmente potente, quando ha sostenuto i Seleka nella presa del potere del Centrafrica, sempre nel 2013. Quindi c’è questo attivismo da parte di Idriss Déby, il capo di Stato del Ciad, per imporsi proprio come una potenza nuova nello scacchiere regionale del Sahel. In questo caso è la prima volta che è entrato in maniera forte con le sue truppe, appoggiato da raid aerei, e all’interno del territorio nigeriano.

D. – Questa presenza del Ciad in Nigeria è da attribuirsi, come si diceva ora, alla voglia di emergere del Ciad, e comunque di conquistarsi uno spazio importante, o c’è la paura dello sconfinamento di Boko Haram?

R. – Sì, da una parte c’è la paura di uno sconfinamento di Boko Haram, che ha dichiarato l’intenzione di creare un califfato che comprenda parti della Nigeria, del Niger, del Ciad e del Camerun. Non dobbiamo inoltre dimenticare che nel 2012 attorno al Lago Ciad, non molto distante da Gamboru, dal confine con la Nigeria, sono stati rinvenuti importanti giacimenti di idrocarburi. Quindi, se Boko Haram riesce ad uscire dalla Nigeria e ad avere il controllo di un territorio più vasto che includa il Lago Ciad, fondamentale per l’approvvigionamento di idrocarburi per il Ciad stesso, sarebbe certamente una grave minaccia per il potere  di Idriss Déby. C’è da aggiungere però un’altra dimensione: tra dieci giorni ci saranno le elezioni politiche in Nigeria. Questa entrata in gioco delle truppe ciadiane nella lotta contro Boko Haram è sicuramente un appoggio a Goodluck Jonathan, il presidente della Nigeria, la cui autorevolezza e autorità sono messe in dubbio proprio da questa spina nel fianco che è Boko Haram. Quindi, se questa carta diventa vincente sarebbe sicuramente un punto in più che si guadagna Goodluck Jonathan.

D. – L’entrata in campo così diretta del Ciad può fermare l’avanzata di Boko Haram, che fino ad oggi ha trovato strada libera?

R. – Direi proprio così. È un po’ l’ultima chance, perché le truppe nigeriane non solo sono state accusate di inefficienza, ma addirittura di complicità! Ormai le prove sono schiaccianti, a partire da ordini che vengono dall’interno dell’establishment militare nigeriano. È una partita persa in partenza, quella di Goodluck Jonathan, quella di pensare di poter sconfiggere Boko Haram con un esercito che in effetti è in combutta invece con il nemico. Ci troviamo di fronte ad una banda di terroristi che non si ferma di fronte a niente per arrivare ai propri fini. Quindi di fronte ai criminali bisogna difendersi e difendere la popolazione. Detto questo non bisogna dimenticare anche quali sono stati i motivi che hanno dato origine a Boko Haram, è stata proprio la marginalizzazione degli Stati del Nord-Est a favorire l’espansione maggiore del movimento, laddove c’è un tasso di povertà che riguarda circa il 70 percento della popolazione, contro il 25-27 percento della popolazione che invece vive al Sud del Paese. Quindi, questa marginalizzazione, questo impoverimento, continueranno ad essere terreno fertile per nuovi movimenti di rivolta se non si mette mano a progetti di sviluppo, di istruzione scolastica e di inserimento a livello politico di queste popolazioni, affinché abbiano un maggior peso anche a livello centrale. Questi problemi continuano a rimanere, non dobbiamo pensare che l’intervento militare possa risolverli.








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