2015-02-05 14:00:00

Bce chiude alla Grecia. Atene: non accettiamo ricatti


All'indomani della doccia gelata arrivata dalla Bce, che ha deciso ieri di non accettare più oltre l'11 febbraio titoli del debito pubblico greco a garanzia per i suoi prestiti, Atene tira dritta per la sua strada: "Non ricattiamo nessuno e non ci faremo ricattare" fa sapere un fonte del governo ellenico. Secondo il portavoce del governo Gabriel Sakellaridis, la mossa di Francoforte è "un mezzo di pressione politica" nei confronti dell'Eurogruppo per decidere una rinegoziazione del debito. "Occorre avere - aggiunge - la volontà di discutere, di trovare un terreno d'intesa per concludere nuovi accordi" tra la Grecia e i suoi partner. Atene vorrebbe un "accordo transitorio" in attesa che ci sia una vera discussione sul debito. Il commissario Ue agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, ribadisce: "Tutti vogliamo una soluzione e siamo tutti d'accordo che la Grecia deve rimanere nell'Eurozona, allo stesso tempo però tutti i partner vogliono anche che gli impegni siano rispettati". In Grecia, intanto, si prepara una manifestazione di protesta contro la Bce. Secondo alcuni osservatori, tuttavia, non si può parlare di una decisione della Banca centrale europea ma di un provvedimento obbligato, vista la scadenza il 28 febbraio del programma fin qui definito dalla Trojka per gli aiuti alla Grecia: è quanto afferma Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università La Sapienza di Roma, al microfono di Fausta Speranza:

R. – Una decisione obbligata, dal momento che era una deroga che vigeva e che in qualche modo si basava sul fatto che la Grecia stesse ottemperando a un programma dell’Unione Europea. Nel momento in cui questo programma viene contestato, la Banca Centrale Europea ha preso questa decisione, che è pesante ma non chiude i canali di finanziamento per il sistema bancario greco, perché il canale che resta è quello emergenziale. Quindi, c’è ancora questo “rubinetto” aperto. E’ un avvertimento e un messaggio forte ai politici e alla politica, perché rapidamente decidano. La Banca centrale non staccherà mai la spina e non provocherà mai l’uscita della Grecia dall’euro. A decidere davvero possono essere i politici, i governi che gestiscono questo negoziato molto difficile, che si è complicato per errori – devo dire – abbastanza clamorosi da parte del nuovo governo greco. Sarà l’esito di questo negoziato politico, alla fine, a decidere per il “sì” o per il “no”. Evidentemente, quello che la Grecia, con il nuovo governo, pone è un problema reale: c’è un eccesso di debiti che grava sulla Grecia - ma anche su altri Paesi - che è sì sostenibile sulla carta, ma in realtà soffoca e soffocherebbe le possibilità di approfittare di questo contesto e quindi rilanciare la crescita. Quindi, questo è un problema reale. Ma il modo con cui il nuovo governo greco lo sta ponendo, contestando e non volendo riconoscere accordi presi precedentemente, e ponendosi al di fuori di quelle che poi sono regole fondamentali di convivenza all’interno di una comunità – in questo caso quella dell’Unione Europea da un lato e della zona euro dall’altro - questo metodo è inaccettabile. E’ sperabile che in queste ore, in questi giorni, si capisca rapidamente che bisogna riportare sui giusti binari questo negoziato, che ha la possibilità di un esito favorevole, sia per la Grecia e sia per l’insieme dei Paesi dell’area dell’euro.

D. – Dunque, la situazione con la Grecia rimane aperta, mentre le previsioni Ue parlano di ripresa in tutta l’Unione Europea: ma ci sono considerazioni da fare …

R. – C’è una forte discesa dei prezzi del petrolio; c’è una svalutazione forte, molto forte, dell’euro nei confronti del dollaro e di altre valute; c’è una caduta dei tassi di interesse a lungo termine; c’è una ripresa all’esterno, quindi una domanda mondiale che si consolida … Possiamo parlare di condizioni, come mai si erano determinate simultaneamente, tutte in una direzione positiva. E questi dati sono il risultato del fatto che i Paesi dell’Euro stanno approfittando di tutto ciò, come non potrebbero non fare. Anzi, lo fanno poco: se si consolideranno, c’è da aspettarsi un miglioramento. E allora il paradosso è proprio questo: da un lato, questa situazione che fa intravedere le possibilità – dopo tanti, lunghi anni di sofferenze – di una ripresa da consolidare e lo spettro della crisi greca, che a questo punto purtroppo - si deve dire - per atteggiamenti da parte greca che si stanno consolidando, non è affatto da escludere che possa anche determinare risultati estremamente negativi.

D. – Una parola su alcune situazioni: le previsioni per il 2015 danno in Spagna, il 2,3 per cento; in Francia, l’1 per cento; in Italia lo 0,6 e solo nel 2016 l’1,5 per cento …  

R. – Il confronto che è maggiormente rivelatore è quello tra Italia e Spagna, perché dopo anni di recessione e stagnazione, 0,6 vuol dire – ad esempio – che l’occupazione non migliorerà se non marginalmente. Perché questa differenza? Io credo che la ragione fondamentale sia il fatto che l’economia italiana, il sistema produttivo italiano, non ha ancora rimosso il tallone d’Achille del suo sistema economico, cioè la competitività che è strutturale e ancora molto debole, non ancora sanata. E, quindi, questo treno della ripresa internazionale favorisce quei Paesi che più sono in grado di agganciarsi a questo treno …








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