2015-01-28 14:02:00

Atene: stop a privatizzazioni, rinegoziare debito


Prima riunione del Consiglio dei ministri greco guidato da Alexis Tsipras: confermate le decisioni su salario minimo, tredicesima e misure di emergenza sociale. L’esecutivo ha deciso anche di bloccare la privatizzazione delle infrastrutture. Sul fronte del debito, il neo premier ha assicurato di non voler provocare una “rottura distruttiva” e di essere pronto a negoziare con partner e creditori secondo il progetto di Syriza e senza generare catastrofi, ma l’Ue ribatte: gli impegni non cambiano, vanno rispettati, bisogna pensare alla stabilità. Al microfono di Cecilia Seppia, il direttore della rivista on-line “Mondo Greco”, Francesco De Palo, raggiunto telefonicamente ad Atene:

R. – Come aveva promesso durante la campagna elettorale, Tsipras parte con tre prime azioni concrete: il passaggio del salario minimo dai 470 euro attuali ai 750; il ritorno della 13.ma per le pensioni entro i 700 euro e un pacchetto di emergenza sociale, che punta a dare la copertura sanitaria agli attuali poveri e a rimettere l’energia elettrica nelle case dei greci. Perché alcune tasse di quelli che non avevano potuto pagare per problemi economici erano inserite nella bolletta elettrica e quindi molti greci avevano avuto il taglio dell’energia elettrica in casa.

D. – Tra le misure prese dal nuovo Governo anche la decisione di bloccare le privatizzazioni delle infrastrutture, questo cosa comporta?

R. – Questo comporta un mancato ingresso finanziario di liquidità, in questo momento indispensabile per consentire al Paese di andare avanti. Io non penso che bloccare le privatizzazioni di società come la Dei e la Admie, sia stata una buona idea, perché comunque lo Stato dice ‘no’ a dei soldi sicuri e veloci, ma forse l'obiettivo più grande è lo sviluppo del Paese.

D. – Primo atto in assoluto, i provvedimenti per affrontare l’emergenza umanitaria. Di cosa parliamo?

R. – Parliamo di un giro di vite che dovrebbe vedere un importo pari a circa 5,7 miliardi di euro. Tenete conto che in questo momento tre greci su dieci vivono sotto il livello di povertà; la mortalità infantile è stata raddoppiata nell’ultimo anno e siamo saliti a quota 3 mila suicidi da crisi. I nuovi poveri si ritrovano nelle piccole e medie imprese, che non avendo possibilità di pagare le nuove tasse introdotte dal memorandum, si sono indebitati e quindi sono andati dritti al fallimento. L’emergenza sociale, ancor prima del taglio del debito, è stato il primo punto del Consiglio dei ministri di Tsipras di oggi, che avrà anche dei riverberi a livello di immagine. Vi dico, infatti, che in questo momento stanno togliendo i cancelli dinanzi alla Camera dei deputati ellenica, simbolo della protesta antitroika. Quindi, forse, qualcosa sta cambiando. Bisognerà capire le coperture finanziarie di questi provvedimenti.

D. – A proposito invece della rinegoziazione del debito, Tsipras  ha detto: “Non andremo ad una rottura distruttiva per entrambi”. C’è un ammorbidimento in queste parole, rispetto alla posizione iniziale del premier, in particolare con la troika?

R. – La materia è molto complessa, perché di rinegoziazione si è già parlato tre mesi fa e il memorandum della troika è stato allungato fino oltre ogni limite ragionevole: parliamo del 2052. Solo il Fondo Monetario Internazionale, dei tre creditori internazionali, è rimasto sui suoi tassi di interesse originari. Francamente, quindi, in questo momento la clava in mano a Tsipras la vedo forse un po’ scarica. Anche il suo ministro delle Finanze, il nuovo e rampante Yanis Varoufakis, potrà poco contro la chiusura che già ieri ha ribadito sia la cancelliera Merkel che il ministro tedesco Wolfgang Schäuble. Quindi, a questo punto, come si potrà rinegoziare un memorandum che è stato già rinegoziato?

D. – Il problema è che le promesse del nuovo premier costano 11,5 miliardi di euro e nelle casse di Atene ce ne sono solo quattro. Da dove arriveranno i soldi?

R. – Tsipras non ha detto dove troverà i soldi, se non un piano generico di lotta all’evasione fiscale a cui però, bisogna dare atto, ha dedicato un ministero ad hoc, guidato dal ministro Panaghiotis Nikoloudis. Se dovessi essere io al posto suo, li prenderei dalla lista Lagarde: la lista degli illustri evasori ellenici, che l’allora ministro delle Finanze francese recapitò tramite i servizi segreti al governo di Atene del 2010, ma nessun ministro delle Finanze greco pensò bene di protocollarlo. Lì ci sono 25 miliardi di euro.

D. – Sembra proprio che ci sia comunque un vento di cambiamento tra la gente. Tu sei lì, cosa si percepisce? E’ ancora vivo l’entusiasmo della vittoria?

R. – Sì, il vento di cambiamento è evidente, perché al di là delle responsabilità della casta politica, i greci vogliono cambiare e i giovani greci hanno molta fiducia di non dovere essere costretti a seguire la sorte dei 200 mila connazionali che hanno lasciato il Paese per andare in Germania, in Australia, in Svezia. E l’immagine ha un suo preciso peso specifico, non solo la non cravatta di Tsipras, ma anche un ministro non vedente, anche una donna alla presidenza della Camera, ed anche il voler mettere finalmente all’asta le frequenze televisive che in Grecia sono alla mercé di tutti gli imprenditori possibili e immaginabili, che fino ad oggi non hanno versato né un euro né una dracma alle casse dello Stato, la polizia fiscale. Bisognerà vedere però se dal romanticismo delle parole riusciremo a passare ai fatti.








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