2015-01-25 09:18:00

Sugli schermi italiani “Difret. Il coraggio per cambiare”


Dopo aver vinto numerosi premi applaudito dal pubblico, è giunto sugli schermi italiani “Difret. Il coraggio per cambiare”, girato con grande passione dal regista etiope Zeresenay Berhane Mehari. E’ la storia dolorosa e coraggiosa accaduta a una ragazzina etiope quattordicenne e di come sia diventata un esempio a difesa della dignità e libertà delle donne africane. Il servizio di Luca Pellegrini:

(clip dal film)

Collega avvocato: “Mi hanno detto che il Consiglio del villaggio ha esiliato Hirut e le proibisce di tornare. E’ vera la notizia?”.

Meaza Ashenafi: “Per questo sono qui. Vorrei sapere che ne pensa... Ho chiesto al sostituto procuratore di convincere il Consiglio degli anziani a revocare la decisione, ma lui ha rifiutato. Allora ho chiesto al ministero della giustizia di intervenire. Dicono: ‘Non ci immischiamo con le leggi della tradizione!’”.

L’avvocato Meaza Ashenafi ha ben chiaro l’orrore di questa tradizione, che consiste nel rapire e violentare ragazzine adolescenti per costringerle al matrimonio, di cui Hirut è stata una delle tante vittime: si chiama Telefa, il suo giogo è sopportato in silenzio dalle donne e tranquillamente imposto dagli uomini. La storia di Hirut, però, che veniamo a conoscere nel film “Difret. Il coraggio per cambiare”, è realmente accaduta in Etiopia nel 1996: preso in mano un fucile, sparò al suo rapitore e aspirante sposo. Un sistema legislativo arrugginito e l'acquiescenza delle leggi nei confronti, appunto, delle tradizioni stavano per avere la meglio sui principi di libertà e dignità umane: Hirut finiva in prigione, rischiando la pena di morte. Intersecava, però, questa vicenda tragica la giovane e caparbia Meaza, fondatrice di Andenet, un'associazione di donne avvocato nata per difendere i più deboli. Dopo una corsa tra cavilli legali e intimidazioni, rimosso pure il Ministro della Giustizia d'allora, Hirut è stata assolta dall'accusa di omicidio. Tra le donne etiopi la reazione fu contrastante. Alcune continuarono a difendere la pratica della Telefa, altre ovviamente si schierarono contro. Il regista ha affermato, all’indomani del successo del film nel suo Paese, che la cosa più importante generata dai quei fatti è consistita nell'aver dimostrato che la legge di uno Stato può sconfiggere una tradizione sbagliata e che quella stessa legge può essere usata per proteggere le donne che ne sono vittime. Per questo il film s’intitola Difret, che in amarico significa "coraggio" oppure "osare".

Secondo una revisione del Codice Penale del 2004, rapimento e stupro possono ora essere puniti con una condanna fino a 15 anni di reclusione, anche se la legge non sempre viene applicata perché nelle zone rurali la tradizione è ancora assai ben radicata. Ma per l’Etiopia quei fatti sono stati importanti ed esemplari. Alla fine del film Hirut si confonde tra la folla di Addis Abeba: dopo aver vinto il processo, che ha cambiato il futuro suo e di tutte le donne etiopi, lei decide di raggiungerle sulla strada, diventando semplicemente una di loro.








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