2015-01-19 06:56:00

Vescovi francesi: cambiamenti climatici minaccia per la società


“Speriamo che a Parigi siano coraggiosi”: così, il 15 gennaio scorso, durante la conferenza stampa sull’aereo in volo da Colombo a Manila, nell’ambito del suo settimo viaggio apostolico, Papa Francesco rispondeva ad una domanda di un giornalista sull’ecologia e la salvaguardia del Creato. L’auspicio del Pontefice si riferiva alla 21.ma Conferenza internazionale sul clima (Cop21), in programma a Parigi nel prossimo dicembre. In vista di questo importante appuntamento, anche i vescovi d’Oltralpe (Cef) hanno espresso la loro posizione, in un dossier che racchiude alcune riflessioni. Intitolato “Cambiamenti climatici: un kairos planetario, il momento opportuno per costruire un mondo comune”, il documento sottolinea, in primo luogo, che “i cambiamenti climatici possono essere la più grave minaccia che pesa sulla società umana a medio e lungo termine”.

Sviluppo non è solo crescita economica
Di fronte alle conseguenze dovute all’emissione di gas-serra ed all’uso del petrolio – ovvero la perdita di biodiversità, la distruzione dell’ecosistema e di mezzi di sussistenza come acqua e terreni coltivabili, la diffusione di malattie parassitarie, le crisi economiche, le migrazioni di massa ed i conflitti internazionali – i presuli ribadiscono che “è urgente agire”, soprattutto perché è necessario “trovare un’altra forma di sviluppo”, che non sia solo quello della crescita economica e dell’aumento costante della produzione e del consumo.

Sradicare la povertà è possibile
Per questo, la Cef sottolinea un’importante coincidenza: il 2015 è l’anno in cui si conclude il raggiungimento degli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio. Obiettivi che sono stati ottenuti solo in parte, evidenziano i presuli, perché se è vero che è diminuita la povertà a livello globale – “un segno di speranza” che dimostra che l’indigenza “non è una fatalità” impossibile da sradicare – è altrettanto vero che “si sono accentuate le disuguaglianze tra i singoli Paesi o all’interno delle singole nazioni”. Di qui, il richiamo al fatto che il 2015 può offrire l’opportunità di “articolare in maniera nuova la questione ecologica insieme alla questione economica e sociale”, per il bene del pianeta e dell’umanità.

Chiesa offre speranza per il futuro
Dal suo canto, spiegano i vescovi francesi, la Chiesa ha tre contribuiti da offrire: “la speranza di fronte al futuro, l’universalità del bene comune e la solidarietà come base del vivere insieme”. Riguardo al primo punto, la Cef ricorda che la speranza cristiana porta ad “un nuovo stile di vita che mette in moto un’altra maniera di consumare, di produrre, di abitare lo spazio”, così da “costruire una vita che assicuri a ciascuno la possibilità di essere riconosciuto come co-creatore e non solo come consumatore”.

Il povero non è la sua povertà
Il secondo contributo della Chiesa, ovvero il bene comune, è messo in risalto dal fatto che “attualmente, i cambiamenti climatici sono la prova più evidente di una interdipendenza irreversibile tra tutti i Paesi”. Di qui, il richiamo a tutte le nazioni affinché si passi da “una politica nazionale ad una politica universale”, proprio in nome del bene comune. Al terzo punto, la Chiesa di Parigi pone “la solidarietà universale”, intesa non in senso riduttivo, ovvero del mero “aiuto da portare ai poveri”, ma come “un principio organizzatore della vita collettiva, fondata sull’idea che ogni uomo ed ogni donna ha qualcosa da donare e da ricevere dagli altri”. “Il povero non può essere ridotto alla sua povertà – ribadiscono i vescovi francesi – ma è chiamato a mettere le sue competenze a servizio di un progetto comune”.

Sì alla cooperazione internazionale
Questo tipo di solidarietà, continua ancora la Cef, che non è “pensata per i poveri, bensì con loro ed a partire da essi”, può ispirare nella giusta direzione la questione dei cambiamenti climatici. Il 2015 offre, dunque, un’occasione fondamentale per il pianeta e l’umanità – concludono i presuli – ripensare lo sviluppo su nuove basi, uno sviluppo che miri ad una vita comune insieme, piuttosto che ad una prosperità da condividere; che si fondi sulla cooperazione internazionale e non sulla concorrenza e la difesa di interessi locali; che permetta la partecipazione dei poveri alle istanze di governance. “Un mondo nuovo sta per nascere – sottolinea infine la Cef – E tutti noi siamo chiamati a far sì che ciò avvenga”. (I.P.)








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