2015-01-18 14:06:00

Niger, proteste contro vignette: chiese incendiate, 10 morti


Tensione in Niger, dove almeno 10 persone sono morte nel fine settimana durante proteste contro le nuove vignette pubblicate dal settimanale francese Charlie Hebdo. Presi di mira un centro culturale francese e una decina di chiese, date alle fiamme insieme a negozi di proprietà di occidentali. Le autorità hanno condannato le violenze, mentre altri disordini, stamattina, si sono verificati durante una manifestazione dell’opposizione. Il servizio è di Davide Maggiore

Le violenze iniziate venerdì a Zinder, seconda città del paese, dove oltre 250 cristiani hanno trovato rifugio in una caserma si sono poi estese alla capitale Niamey, ma anche a Maradi, a 600 chilometri di distanza, e a Gouré, nell’est. Chiese ed altri edifici sono stati incendiati: al loro interno si trovavano la maggior parte delle vittime. Durante gli attacchi alcuni dimostranti – secondo il governo – avrebbero mostrato bandiere della setta nigeriana Boko Haram. “Chi saccheggia i luoghi di culto e li profana, chi perseguita e uccide i suoi compatrioti cristiani o gli stranieri non ha capito nulla dell’Islam”, ha detto ieri in un discorso televisivo il presidente della repubblica Mahamadou Issoufou: la scorsa settimana aveva partecipato alla manifestazione convocata a Parigi dopo l’attacco a ‘Charlie Hebdo’. La vendita della rivista resta però proibita in Niger. Il capo di Stato ha poi invitato tutti i cittadini del Paese, al 98% di religione musulmana, a vivere la fede nella tolleranza e nel rispetto delle credenze altrui. Anche numerosi teologi musulmani locali hanno fatto appello alla calma, ricordando che l’Islam è contro la violenza. Dopo alcune ore di quiete, l’atmosfera è tornata però tesa stamattina nella capitale, dove l’opposizione ha tenuto una manifestazione prevista da tempo ma vietata dalle autorità. La polizia ha sparato lacrimogeni sulle circa 300 persone scese in strada a protestare contro le politiche del governo ed effettuato sette arresti, tra cui quello di un ex ministro.

Sulla situazione a Niamey, abbiamo raccolto la testimonianza di padre Mauro Armanino, sacerdote della Società delle missioni africane, da anni nel Paese:

Attacchi contro chiese pianificati
R. – Siamo stati invitati a non celebrare le Messe, per motivi di sicurezza, evidentemente, ma anche perché molte chiese sono state comunque danneggiate. Ieri, dopo questa riunione che è stata sciolta, praticamente nei pressi della Grande Moschea, c’è stata questa serie di attacchi, credo già pianificati, perché è impossibile che chiese distanti siano state attaccate quasi in contemporanea da questi gruppi di giovani. Penso che ci sia stata una manipolazione, anche delle frustrazioni dei giovani che si vedevano sulle strade, ieri …

Malessere sociale usato contro minoranza cristiana
D. – Ma da cosa sono causate le frustrazioni di questi giovani?

R. – C’è un malessere di tipo politico che continua ormai da anni e in più, quello che è accaduto in questi ultimi tempi, che in qualche modo è stato un pretesto. E questa è una miscela di tipo esplosivo, credo. Un malessere sociale e politico, senza sbocchi per potersi dichiarare che quindi prende un pretesto ed è orientato verso questa maglia debole che è la presenza cristiana qui, perché rappresenta parte dell’Occidente. Non è che si faccia molto la distinzione tra Francia, cattolici, cristiani, eccetera …

Rischio infiltrazioni Boko Haram
D. – Si parla anche da anni di infiltrazioni del movimento nigeriano Boko Haram: questo per voi è fonte di paura, è un rischio?

R. – Il rischio è visto anche dalle autorità di qui, evidentemente, perché il loro stesso potere sarebbe messo in discussione. Ci sono stati arresti, in passato; le frontiere sono più che permeabili e gradualmente si è instillata – e noi l'abbiamo denunciata più volte – una tendenza che comunque va verso la radicalizzazione, da diversi anni ormai, soprattutto con queste influenze nigeriane.

Non è questo l'islam
D. – Vuole rivolgere un appello a chi ci ascolta?

R. – Innanzitutto, quello di non pensare che questo sia l’islam. Ho ricevuto diversi messaggi, chiamate da parte di amici musulmani che si scusano per quello che sta accadendo e che evidentemente non rispecchia quanto la maggioranza vive. Però, allo stesso tempo si è fatto poco perché questo non accada. E quindi, direi che nell’insieme, a livello di comunità internazionale, ci vorrebbe un percorso che aiuti a ritrovare il senso di una cultura dell’incontro, e non dello scontro.








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