2015-01-16 14:07:00

Pasquale Ferrara: l'importanza delle religioni per la pace


Tutta l’Europa sta vivendo in questi giorni un particolare momento di grande allarme. Intanto, a oltre una settimana dal tragico attentato alla redazione parigina di Charlie Hebdo e dagli altri fatti che hanno sconvolto la Francia, si avverte la necessità di ripensare a quanto accaduto con maggiore calma e freddezza per comprenderlo meglio e per capire quali possano essere le risposte più efficaci. Dopo le drammatiche giornate vissute nella paura e nel dolore e dopo le grandi manifestazioni di popolo a Parigi e a Berlino, quali i segni e i gesti destinati a rimanere? Adriana Masotti lo ha chiesto a Pasquale Ferrara, diplomatico di carriera e segretario generale dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze:

R. – Due gli elementi che vorrei sottolineare in particolare. Il primo riguarda una forte riaffermazione dell’Europa come luogo del libero pensiero e quindi di un’Europa che non si lascia intimidire dalla violenza; il secondo elemento è che le religioni presenti in Europa hanno tutte espresso la loro condanna nei riguardi di questo fenomeno terrorista, sostanzialmente facendo emergere l’isolamento di queste frange.

D. – A parere di molti, dopo l’11 settembre la risposta che il mondo diede al terrorismo non fu efficace. C’è il rischio per l’Europa che si ripetano gli stessi errori adesso, dopo Parigi?

R. – Sì, in questi casi la grande tentazione, anche delle democrazie, è quella di ricorrere allo stato di eccezione: quindi sostanzialmente limitare le libertà in nome della sicurezza. Questa idea cioè, di una “Global war on terrorism”, una lotta globale al terrorismo, che in realtà poi non ha fatto altro che scavare un solco ancora più profondo tra l’Occidente e soprattutto il mondo arabo-islamico. Io credo che questa sia una lezione che è stata appresa un po’ da tutti. Mi conforta, per esempio, sentire - anche in Italia - che sarebbe un errore sospendere Schengen, perché questo sarebbe un grande favore che in questo momento faremmo ai terroristi, infatti se c’è un obiettivo politico che essi perseguono è proprio quello di radicalizzare questo confronto con il sistema politico e sociale occidentale e quindi creare due campi ben precisi.

D. – Altra sfida è l’integrazione, la convivenza nella diversità. Dopo l’11 settembre ci fu una crescita della paura dell’altro…

R. – C’è un equivoco che bisogna chiarire: qui non si tratta di fenomeni criminali o manifestazioni del terrorismo importati dall’estero. Queste cellule hanno agito all’interno della società francese – e lo hanno fatto anche in passato in altre società occidentali – a partire proprio da una avvenuta integrazione. Quindi bisogna fare una riflessione su che cosa sia avvenuto e sul perché la seconda generazione di immigrati in realtà abbia subito un processo di radicalizzazione e di polarizzazione. Poi, certamente, il tema dell’integrazione è un tema fondamentale. Integrazione significa che le nostre società sono diventate più complesse e quindi la stessa vicenda identitaria dei popoli europei è una vicenda che si evolve, ma è un cammino che va fatto insieme, non è unilaterale. Ripeto: l’integrazione non va confusa con l’assimilazione.

D. – Sul banco degli imputati spesso in questi giorni si è messo l’islam, tanto che qualcuno ha fatto l’equazione: religioni uguale conflitti e guerre…

R. – Innanzitutto non è l’islam in quanto tale il problema e direi non è neanche il fondamentalismo in quanto tale: qui stiamo parlando dell’integrismo islamista violento. Significa che c’è una corrente - peraltro minoritaria - dell’islam che non fa alcuna distinzione tra la sfera religiosa, la sfera civile, la sfera politica e per affermare questa visione utilizza i metodi violenti. Esiste una dimensione, invece, molto più propositiva, molto più positiva delle religioni che spesso è dimenticata in questa sorta di confusione semantica: in realtà ci sono intere società che devono proprio alla religione anche la loro tenuta interna, anche la risoluzione dei conflitti. Pensiamo ai tanti Paesi africani e non solo, dove la religione ha svolto un ruolo fondamentale nella riconciliazione nazionale, dopo periodi di gravissimo scontro sociale e di guerra civile.

D. – Il ruolo importante delle religioni per la ricostruzione e per la riconciliazione è qualcosa che il Papa ricorda sempre, anche in questi giorni in Asia. Come possono fare le religioni per influire di più su questo fronte della convivenza, della pace?

R. – Le religioni hanno una grande potenzialità che è quella dell’affermare la dignità dell’essere umano, in alcune religioni addirittura la dignità di ogni essere vivente in quanto tale. La persona umana vista dalle religioni è una persona spirituale. Questo è un punto di contatto che mi sembra essenziale, perché implica – come conseguenza – il rispetto di tutti, l’accettazione della diversità. Ma direi anche di più: la gioia di scoprire la diversità come fatto che arricchisce la convivenza. Quindi io vedrei una grande alleanza delle religioni nel ribadire la dignità di ogni essere umano e la necessità di aiutare ciascuno e anche ciascun popolo a realizzare il proprio disegno in un contesto non solo globale, ma sempre più realmente universale.








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