2015-01-15 12:32:00

Il nunzio a Manila: incoraggiamento all'unica grande comunità cattolica d'Asia


Sul viaggio del Papa nelle Filippine, uno dei nostri inviati, Sean Lovett, ha sentito il nunzio apostolico a Manila, mons. Giuseppe Pinto:

Incoraggiamento all’unica grande comunità cattolica in Asia
R. – Questo incontro con l’unica grande comunità cattolica dell’Asia significa portare incoraggiamento alle Chiese locali, quelle delle Filippine in particolare, perché elaborino una presenza nuova ed efficace. Quando venne Giovanni Paolo II, il suo auspicio fu che la comunità delle Filippine non soltanto manifestasse e desse testimonianza a Cristo, ma nello stesso tempo fosse perfettamente inserita nell’ambito delle antiche civiltà asiatiche.

Importante ruolo dei laici nelle Filippine
D. – Lei dice che c’è molto da fare in questa Chiesa locale, cosa intende?

R. - Ci sono vari livelli in cui c’è molto da lavorare. Il primo è quello che è fisiologico: cioè, si sta rinnovando l’episcopato, in quanto ci sono già tanti presuli che hanno raggiunto e superato i 75 anni, quindi adesso tocca a i giovani  - perché già molti, a loro volta, si sono avvicinati a questa età - tocca ai giovani sacerdoti, toccherà ai laici riformare queste Chiese locali che sono nate come Chiese di laici, come in altri Paesi dell’area. Quindi, è un problema di un lavoro fatto insieme: i laici con le loro responsabilità da una parte e i pastori con i sacerdoti dall’altra. Tanto è vero che i vescovi hanno dedicato l’anno che sta per terminare ai laici. E a loro, ai laici, hanno indicato le responsabilità. Posso soltanto ricordare alcune responsabilità dei laici. La responsabilità diretta sulle famiglie cattoliche e, in particolare, ai genitori, di essere modelli di bontà e di vita cristiana con la preghiera, la frequenza alle celebrazioni e l’aiuto reciproco. E poi la responsabilità, propria del laicato, di stabilire un ordine sociale giusto nelle Filippine, ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa. Qui sta avvenendo e deve avvenire, grazie a Dio, una differenziazione di ruoli. Ed è questo che si vuol fare, valorizzando in questo movimento soprattutto i giovani. E, infatti, il Papa che guarda all’Asia, li incontrerà nell’università, in una fra le più famose del mondo, all’Università di Santo Tomas, e parlerà a loro perché siano i protagonisti nel terzo millennio: coloro che portano la Chiesa al dialogo. Ecco perché è la Chiesa delle “porte aperte”, la Chiesa che va verso gli altri. Che siano loro per primi, i giovani, ad inserirsi in questo quadro non facendo proseliti ma evangelizzando, cioè annunciando, e quindi convivendo, vivendo bene con le comunità dell’area.

Forte religiosità popolare
D. - Quando si pensa alla Chiesa nelle Filippine si pensa anche a una Chiesa fortemente radicata nella religiosità popolare. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

R. – Se per religiosità popolare ci si riferisce al folclore, questo c’è, ma non è tutto e non è la parte principale. Se, invece, ci si riferisce al fervore della fede questo c’è e accompagna la vita di questo popolo. Ecco perché questa è la fiammella che bisogna un po’ far risplendere, ancora di più, perché i filippini sono persone di profonda fede: loro la dimostrano, la vivono, partecipano alle celebrazioni. Ma c’è bisogno di interiorizzare, di mettere una forza interiorizzante: l’auspicio è che la visita del Papa porti ad interiorizzare i valori che già hanno e che sono preziosi, anche per la Chiesa è universale.

Visita nelle zone colpite dal tifone
D. – Parliamo della visita a Tacloban che è il fulcro un po’ di questo viaggio. Il Papa l’ha voluta fortemente, quando ha celebrato quell’incontro con la comunità filippina a Roma, dopo “Jolanda”. Da lì è un po’ scaturito il suo desiderio di venire qui nelle Filippine ad essere fisicamente presente nella zona. Lei ha visitato quella zona, che cosa ha visto? Ci parla della sua esperienza lì a Palo, a Leite?

R. – Io sono stato nella provincia di Leite a Natale dell’anno scorso. Ho celebrato il Natale con loro. E’ stato un momento molto commovente per me e per loro, per l’arcivescovo mons. John Du, che è stato così gentile a ricevermi e nel vivere insieme questo momento prezioso. Momento in cui ho visto partecipare la Nazione intera … E’ stato un momento di comunione. La cosa bella di laggiù è stato sentirsi con la gente e a quel punto non sentirsi più a Leite ma sentirsi comunità, vicino a nostro Signore Gesù Cristo. Sono passate quelle due giornate della vigilia e del Natale in un modo incredibile. Nessuno di noi ha pensato più a se stesso, né da dove veniva, né dove andava, non c’erano programmi, siamo semplicemente stati con i giovani. Vorrei riferire soltanto un episodio veramente bello dell’arcivescovo che si è calato nella cappella completamente crollata e a rischio della sua vita ha tirato su il Santissimo con il Tabernacolo. Tutto intatto. L’ha rimesso lì e lì ha costruito una piccola cappella, per il momento, dove il Signore continua a stare con loro, anche in questi momenti drammatici, drammatici. Un altro episodio molto bello è stato nella parrocchia dei padri spagnoli, l’unica che non è crollata. Allora, lì, si sono riuniti migliaia e migliaia di persone, pensiamo che lì sono morte tra le 2 e 3 mila persone su poco meno di 7 mila. E’ successo che non c’era più nulla da mangiare e non si poteva andare da nessuna parte perché era tutto distrutto, completamente. E allora mi è venuta l’idea di scrivere con le pietre sull’oratorio, all’aperto: “Abbiamo fame”. Dopo qualche ora è arrivato l’elicottero e ha lanciato i viveri e l’acqua di cui avevano bisogno. Piccoli episodi ma che danno il senso di quello che è una distruzione totale. L’ultimo, la cosa più bella, proprio vicino all’Oceano Pacifico, proprio da dove è arrivata la grande ondata che ha distrutto parecchie province nelle Visajans centrali, è successo che sono rimaste in piedi soltanto due statue: una di san Giuseppe e l’altra della Madonna. Chi va lì può vederli ancora adesso. Questa è una Chiesa straordinaria, una Chiesa che soffre, ma che è viva dentro e gioisce perché ama la musica, l’arte e, allo stesso tempo, è attaccatissima alla fede.








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