Dal 13 gennaio è in tutte le edicole il primo quotidiano pro-life italiano, "La Croce", diretto da Mario Adinolfi. Otto pagine che raccontano e analizzano, attraverso un linguaggio semplice, l’attualità nazionale ed internazionale. In prima pagina oggi il titolo: “Serve un presidente #cristiano”. Il giornale, che punta ad essere un riferimento nel mondo del cartaceo, è il primo al mondo ad utilizzare anche simboli dei social media. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Mario Adinolfi:
R. - È un giorno di grande emozione per un lavoro di squadra fatto da 100 persone che collaborano a vario titolo. La sfida è essere popolari, non di nicchia. Credo che La Croce sarà un giornale popolare; non ha toni professorali, non ha toni saccenti. Prova a parlare un linguaggio semplice, un giornale laicissimo aperto a tutti che racconta tante storie. Credo che sia il primo giornale di questo tipo: che mette la penna in mano anche ai lettori. Da Gesù Cristo abbiamo tratto la forza. Da soli non l’avevamo. Individualmente eravamo nulla; insieme ci siamo ritrovati e l’ispirazione di Gesù ci ha condotto fino a questo punto.
D. – Nel suo editoriale è subito molto chiaro e sottolinea: “Sarà una testata in difesa della cultura della vita”. La Croce dunque è un giornale a tutto tondo che guarda la realtà con una lente particolare?
R. – Noi leggiamo la realtà tutta, i fatti della quotidianità con una lezione di accoglienza dell’altro che ci arriva direttamente dal magistero di Papa Francesco e anche con una riflessione, spero arguta dal punto di vista culturale. Oggi in prima pagina abbiamo ricordato il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Dobbiamo riuscire a trovare le radici di una razionalità comune.
D. – Qual è la vostra analisi dei fatti per quanto riguarda il terrorismo internazionale?
R. – Sul terrorismo internazionale oggi diciamo parole chiare: dobbiamo riprendere un confronto razionale e intellettuale in particolare tra cristiani e islam, seguendo la parola di Papa Francesco di ieri ai diplomatici: “capi religiosi dell’islam condannate nettamente la violenze”. È il primo passaggio. Se non riprendiamo questo tipo di relazione, che chiede capacità di discernere e di condanna assoluta della violenza, noi non andiamo lontano. La nostra lettura dei fatti è questa: abbiamo alle spalle degli eventi luttuosi enormi, ma non pensiamo solo a Parigi e alla Francia, pensiamo a tutto a ciò che avviene in Pakistan dove è incarcerata Asia Bibi, pensiamo alla Nigeria dove vengono fatte esplodere bambine caricate di esplosivo per causare decine, centinaia, qualche volta migliaia di morti con gli attacchi kamikaze. Dobbiamo, da questo punto di vista, avere chiaro che c’è un mondo composto anche da combattenti che si rifanno all’islam che vanno semplicemente ricondotti a ragione. Sapendo bene chi siamo, incontriamo bene e in maniera feconda l’altro, altrimenti senza questo ragionamento il contrasto e il conflitto diventano violenti.
D. – Aprite oggi con il titolo: “Serve un presidente cristiano” e voi proponete il nome di Paola Bonzi.
R. – Domani si dimette il presidente Giorgio Napolitano e noi da giornalisti abbiamo dato intanto questa notizia e poi anche una nostra indicazione concreta. Abbiamo definito “La Croce” un quotidiano pro-life, cioè a difesa della cultura della vita. Abbiamo cercato una donna simbolo. Paola Bonzi è sicuramente così, ha 71 anni; all’età di 23 anni ha perso la vista ma ha fatto vedere alle donne la possibilità di dare la vita a tanti bambini che altrimenti non l’avrebbero avuta. Paola Bonzi lavora al Centro di Aiuto alla Vita di Milano, ha fatto nascere 17.486 bambini. Dal nostro punto di vista è il simbolo dell’Italia migliore, dell’Italia che non ha potere e che quindi sarebbe bene che andasse al potere.
D. – “La Croce” è un quotidiano cartaceo. Nelle sue pagine però tanti richiami ai social network, a Facebook e tutti i titoli in sostanza hanno l’hashtag di Twitter.
R. – Siamo il primo giornale al modo che usa nella titolazione di un quotidiano cartaceo l’hashtag. Siamo la contaminazione di tradizione e contesto estremamente contemporaneo. La nostra squadra è tutta giovanissima; io sono il più vecchio. Veniamo tutti dal mondo dei social network, della rete, però abbiamo voluto dotarci di uno strumento – come si diceva una volta – pesante, che è appunto la carta: per comunicare con tutti, anche con coloro che magari sono molto lontani dal mondo del web.
D. – I fatti del girono, storie, chiesa, spettacoli … tante le foto, tutte positive. C’è anche lo sport …
R. – È vero c’è lo sport. Io che sono juventino ho dovuto pubblicare - perché la redazione me lo ha imposto - il selfie di Totti allo Stadio Olimpico dopo il derby Roma-Lazio. C’è anche una pagina sportiva che prova a raccontare quello che avviene in un grande romanzo popolare come quello sportivo, in particolare quello calcistico.
D. – Perché la scelta di questo formato?
R. – Perché deve essere un po’ scomodo. È un formato grande, il broadsheet. Non esiste formato più grande nell’editoria internazionale. Diventa quasi un elemento identitario. “La Croce” è scomoda, anche leggere un giornale che si intitola così in alcuni ambiti e realtà, può diventare elemento di scomodità. Abbiamo voluto rappresentare questo anche nel formato perché la lettura si fa a braccia larghe, perché quelle braccia larghe poi accolgono.
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