2015-01-09 13:29:00

Nigeria: si temono migliaia di morti per attacco Boko Haram


Potrebbero essere migliaia le vittime dell’offensiva sferrata nel nord est della Nigeria dai miliziani islamici di Boko Haram, che negli ultimi giorni hanno assaltato la città di Baga e altri 16 villaggi vicini nel travagliato Stato di Borno. L'azione è scattata la scorsa fine settimana, con un bilancio accertato di almeno 100 morti. Ma le vittime potrebbero essere molte di più - almeno 2.000 secondo testimonianze sul posto - che parlano di uomini, donne, bambini e anziani uccisi mentre cercavano la salvezza nei boschi vicini o mentre attraversavano con mezzi di fortuna il vicino Lago Ciad. Per una ricostruzione di quanto accaduto, Giada Aquilino ha intervistato l’africanista Vincenzo Giardina dell’agenzia missionaria Misna:

R. – Secondo fonti che abbiamo sentito, in particolare e tra gli altri il responsabile della commissione Giustizia e Pace della diocesi di Maiduguri, la diocesi nella quale si trova Baga, questa cittadina dell’estremo nord est della Nigeria sulle rive del Lago Ciad, l’assalto dei militanti islamisti di Boko Haram è cominciato sabato scorso. Un momento chiave è stato l’occupazione della base cittadina di una forza multinazionale composta da militari nigeriani, ciadiani e nigerini. In città, al momento dell’assalto, erano presenti soltanto truppe nigeriane. Dopo l’occupazione della base, è stato dato alle fiamme un gran numero di abitazioni. Le fonti che abbiamo ascoltato riferiscono di centinaia di vittime, anche se è difficile proporre stime precise.

D. – In che condizioni si trova la popolazione fuggita dai luoghi assaltati?

R. – E’ in condizioni drammatiche. Le fonti che abbiamo potuto ascoltare riferiscono di parte della popolazione in fuga nella boscaglia o attraverso il Lago Ciad; quindi ci sono persone che sono annegate e altre che comunque hanno cercato rifugio al di là della frontiera della Nigeria, perché il Lago Ciad si trova all’incrocio tra i territori della Nigeria, del Niger, del Ciad e del Camerun.

D. – Per colpire Baga e altri villaggi vicini, significa che davvero questi miliziani controllano il territorio o almeno una parte del territorio nigeriano. Che azioni di contrasto sta opponendo l’esercito?

R. – Nei tre Stati del nord est della Nigeria, dove la presenza di Boko Haram è più radicata – Borno, Jobe e Adamawa – è in vigore uno stato d’emergenza sin dal maggio 2013, che ha voluto dire anche l’invio di rinforzi militari. Tutto ciò però non ha portato ad alcun risultato, anzi: l’occupazione di Baga ha significato l’occupazione dell’ultimo centro di rilievo nel nord dello Stato di Borno non ancora inghiottito da quell’autoproclamato ‘califfato’ costituito nell’agosto scorso, poche settimane dopo che la stampa di tutto il mondo aveva parlato e raccontato dell’offensiva del ‘califfo’ Abu Bakr al Baghdadi in Iraq e in Siria.

D. – In questo clima di violenza, sono a rischio le elezioni del 14 febbraio, in cui il Presidente Jonathan punta a un secondo mandato, nonostante le critiche proprio per non aver saputo fermare l’avanzata di Boko Haram?

R. – Questa settimana ad Aso Rock, la villa-residenza del Presidente nigeriano Goodluck Jonathan ad Abuja, c’è stato un incontro tra il capo dello Stato e i governatori dei tre Stati del nord est, quelli dove Boko Haram colpisce più frequentemente: nell’occasione, c’è stata la conferma degli impegni a far tenere le elezioni anche in queste zone. Ma tra le tante incognite che pesano su questo voto, c’è una popolazione sfollata di circa un milione e mezzo di persone, alle quali la commissione elettorale nigeriana nei giorni scorsi ha assicurato il riconoscimento del diritto ad esprimere la propria posizione e quindi a votare. E’ dunque un quadro estremamente difficile in cui, peraltro, il principale candidato di opposizione – l’ex Presidente, generale Muhammadu Buhari – sembra conquistare terreno proprio a partire dall’elemento legato all’incapacità politica e militare del governo in carica del Presidente Jonathan che, nonostante lo stato d’emergenza, non ha saputo evitare episodi del genere. Poi, non va dimenticato il rapimento delle oltre 200 ragazze di Chibok, di cui dopo quasi 300 giorni non si parla quasi più e di loro si sa poco o nulla.








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