2015-01-08 16:23:00

Ostaggi e forse morti in operazione per cattura terroristi


Operazione tutta in corso in Francia per la cattura dei due fuggitivi accusati della strage a Charlie Hebdo. Centinaia i poliziotti intorno a un edificio in una cittadina a est di Parigi, dove i due sono asserragliati con ostaggi. L’aggiornamento nel servizio di Fausta Speranza

Sembra siano stati avviati contatti tra i responsabili delle forze dell'ordine e i due fratelli Kouachi, asserragliati nella fabbrica della zona industriale di Dammartin-en-Geole. Confermata la presenza di almeno un ostaggio. Sembra si tenti un negoziato. I due fratelli responsabili della carneficina al Charlie Hebdo si sono barricati dentro la piccola tipografia nell'area industriale lungo la strada nazionale 2, dopo la sparatoria a un posto di blocco con alcuni gendarmi. In un primo momento si parlava di due morti ma non c’è conferma. Intanto, blindate le scuole della zona, e chiuse due delle quattro piste del vicino aeroporto parigino di Roissy-Charles de Gaulle. Gli aerei in atterraggio hanno indicazioni di aggiustare la rotta per evitare di passare sopra Dammartin-en-Goele. Al Ministero dell’interno è summit: partecipa il presidente Hollande che ai giornalisti  dichiara: "Ho fiducia nel nostro Paese. Ha mostrato una grande capacita' di stare unito". Resta da dire che le Figaro annuncia che sarebbe stato identificato l'assassino della poliziotta nella sparatoria ieri a Parigi, che sarebbe da tempo in contato con i due fratelli Kouachi.

Intanto, l’attacco terroristico del 7 gennaio a Parigi è stato paragonato a quello storico dell’11 settembre negli Usa. Fabio Colagrande ne ha parlato con padre Laurent Basanese, gesuita, docente di Teologia araba cristiana e Islamistica alla Pontificia Università Gregoriana, che in questi giorni si trova presso la facoltà dei gesuiti della capitale francese:

R. – Perché semplicemente ci sono già vari fattori comuni. Per esempio, erano tutti islamici, cioè musulmani; hanno preso il giornale di sorpresa, anche se erano protetti da anni, dal 2006, dalla pubblicazione di caricature su Maometto sul giornale; poi in piena città, a mezzogiorno… E c’è anche l’ampiezza dell’emozione: cioè, qui a Parigi c’è stata grande mobilitazione della gente, tutte le città per dire “Basta” e “Sosteniamo Charlie Hebdo”, “Je suis Charlie”… Però, come diceva un ufficiale del ministero dell’Interno, alcuni mesi fa, la domanda non è se la Francia sarà colpita dai terroristi islamici, ma quando? Quindi, non è tanto una sorpresa, neanche per me.

D. - Questo anche per la partecipazione della Francia all’impegno militare contro il sedicente Stato islamico?

R.  – Sì, ha contribuito ad alimentare sempre di più l’odio contro la Francia, o l’Europa in generale. Ricordiamo che la Francia era il Paese nominato dopo gli Stati Uniti nel discorso del Califfo Al-Baghdadi a Mossul quando ha parlato a luglio scorso. Quindi sì, sicuramente contribuisce.

D.  –  Ora si riparla di un Occidente sotto attacco da parte dell’islam. In Italia molti citano i libri, gli appelli non ascoltati di un intellettuale come Oriana Fallaci. Cosa ne pensa lei?

R. – Sì, è vero che da alcuni anni l’Europa non era colpita. Però, dobbiamo ricordare che abbiamo avuto New York, Madrid, Londra. L’ultima volta nel 2005, quindi 10 anni dopo, riprende. Ma l’odio, di questi movimenti contro l’Occidente, non è mai diminuito, c’è sempre stato. E’ sempre stato alimentato da discorsi nei Paesi arabi o altrove, discorsi nelle moschee, nelle prediche, su Internet. Quindi c’è sempre stato un loro “cibo particolare” per continuare ad alimentare sogni di conquista, di fare tacere l’Europa, etc.

D.  – Da un punto di vista di credenti, di cattolici, come dobbiamo considerare questa sfida contro il terrorismo islamista?

R. – E’ una sfida e come tutte le sfide bisogna pensare: cioè, non basta condannare. Condannare è la cosa più semplice, la cosa normale, naturale e immediata ma è il minimo. E’ veramente il minimo. Non basta condannare. Bisogna risolvere i problemi alle radici e questo è anzitutto il compito dei musulmani, degli uomini di legge e anche gli uomini di dialogo. Va bene, condanniamo, ci raduniamo, facciamo una dichiarazione comune, però dobbiamo andare alle radici se no cadiamo nell’ipocrisia, nel doppio discorso, perché sentiamo dappertutto che l’islam pretende di essere una religione di pace ma non lo vediamo. Quindi non basta dire che l’islam è una religione di pace, bisogna provarlo. E’ anzitutto un problema intellettuale e spirituale, e poi sociale e politico.








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