2015-01-07 13:28:00

Petrolio e borse. Altomonte: ricreare fiducia in Europa


Rimbalzano in avvio di seduta gli indici delle Borse europee, dopo tre giorni di cali consecutivi. Il petrolio invece continua a calare: il Brent scende sotto i 50 dollari per la prima volta dal primo maggio 2009. Si può parlare di Borse e petrolio come di due fenomeni paralleli? Fausta Speranza lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all’Università Bocconi:  

R. – In parte, direi, nel senso che sicuramente il calo del petrolio è il segnale di una domanda mondiale stagnante e quindi sicuramente questo si riflette sulle aspettative di profitto futuro delle aziende e, dunque, sulle quotazioni di borsa. Però, sicuramente esiste una specificità europea rispetto a questo, perché uno potrebbe dire che a questo punto dovrebbero scendere tutte le borse del mondo e non è proprio così. Ci sono situazioni molto differenziate. I cali sono stati soprattutto in Europa e soprattutto nei Paesi periferici dell’Unione Europea, il che mi fa pensare che, evidentemente, la questione greca e la risposta che l’Europa potrà dare al rischio che le elezioni greche portino a un tentativo di rinegoziazione del debito greco possano rappresentare un elemento importante per le economie periferiche europee.

D. – Ci sono attese per scelte europee, in particolare dalla Banca centrale europea (Bce)?

R. – Sì, in Europa c’è la speranza che la Bce possa intervenire in maniera risoluta nella crisi con l’acquisto di titoli di Stato e quindi quello che chiamiamo “quantitative easing” in maniera massiccia. Sicuramente, la stessa crisi greca complica in qualche modo le soluzioni in questo senso della Bce: annunciare un "quantitative easing" massiccio tre giorni prima delle elezioni greche rappresenterebbe un po’ un elemento di “disturbo” della campagna elettorale greca. Inoltre, se la Bce iniziasse a comprare titoli del debito greco, tra gli altri, a seguito di questa azione, nel momento in cui la Grecia stessa dovesse decidere di non ripagare completamente il suo debito, questo a maggiore ragione esporrebbe la Bce a un rischio di perdita in conto capitale e, quindi, di fatto a un trasferimento di risorse tra i Paesi che contribuiscono di più al capitale: Bce, Germania, Italia e Francia. Oltre all’impatto sulla Grecia stessa. Il rischio, quindi, è che per il momento ci sia una specie di atteggiamento attendista da parte della Bce che potrebbe non far piacere ai mercati.

D. – In quale altro modo creare fiducia? Perché poi su tutto quello che abbiamo detto c’è anche una questione di fiducia per i mercati…

R. – Assolutamente. Il tema è il rilancio della domanda interna in Europa e questa si può fare solo attraverso azioni concordate di politica fiscale – quindi di spesa pubblica e quindi allentamento dell’austerità da un lato – e azioni concordate di rilancio degli investimenti, dall’altro. Il piano Junker recentemente annunciato, 300 miliardi di euro, rappresenta un primo passo giusto in questa direzione ma è un passo, secondo me, insufficiente per dimensione e sicuramente con effetti ritardati nel tempo. Diventerà operativo non prima di settembre di quest’anno. Sarebbe opportuno che i Paesi annunciassero azioni comuni di rilancio della spesa pubblica, concordate nei singoli Paesi con un’azione comune, che in qualche modo andassero oltre il dogma dell’austerità, evidentemente anche in cambio di riforme.

D. – Record positivo di occupazione in Germania e invece record negativo in Italia: che dire?

R. – Questo segnala il fatto che ci siano differenziali di competitività tra i diversi Paesi e quindi la necessità per alcuni Paesi di procedere a un’agenda di riforme che è particolarmente urgente, l’Italia in questo senso si sta iniziando a muovere. Però, attenzione: il record di occupazione in Germania non è accompagnato da una crescita economica sostenuta. Anche la Germania sta in questo momento scontando una crescita economica molto bassa, sta scontando una dinamica di inflazione che rischia di essere negativa nei prossimi mesi. Quindi, in realtà, se è vero che, da un punto di vista strutturale l’economia tedesca è più solida e più competitiva di quella italiana – i dati di occupazione in qualche modo lo dimostrano – è altrettanto vero, come dicevo prima, che tutti e due i Paesi, Germania e Italia, stanno soffrendo – l’Italia di più della Germania, ma tutti e due – di un choc importante negativo di domanda. Quindi, anche nell’interesse della Germania, è opportuno stimolare la domanda complessiva in Europa.

 








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