2014-12-31 14:29:00

Gaza, il freddo Natale dei cristiani che sperano in Francesco


A Gaza, a quattro mesi dalla fine dell’ultima operazione militare di Israele, “Margine di protezione”, si soffre per la mancanza di pace, di cibo e anche di riparo per l’inverno. E molti cristiani della Striscia, questo Natale lo hanno trascorso all’addiaccio. Luca Collodi ha intervistato padre Mario Da Silva, viceparroco della Sacra Famiglia, unica parrocchia di Gaza:

R. – Sono passati già quattro mesi dall’ultima guerra e i lavori di ricostruzione non sono ancora cominciati. Quello che fanno i proprietari delle case è cercare di ripulire un po’ dalle macerie, anche per vendere il ferro che è rimasto nelle case.  E’ l’unico lavoro che si è visto finora. Questo Natale abbiamo ancora visto e questo è stato bruttissimo, persone che abitano nelle case distrutte, tutta la casa distrutta, con solo un tetto e loro abitano lì e mettono una coperta per proteggersi dal freddo …

D. – La soluzione potrebbe essere un governo di unità nazionale, cioè una riconciliazione all’interno delle politiche palestinesi?

R. – La soluzione è molto complessa. La ricostruzione sarebbe l’inizio di una soluzione, ma per come la vediamo noi è sempre più difficile che si possa raggiungere quell’obiettivo.

D. – Qual è la vostra speranza, la sua speranza come viceparroco di Gaza, per un diverso rapporto con gli israeliani?

R. – Parliamo tante volte della pace in Medio Oriente, ma la pace va costruita concretamente, in questa città, in questo Paese, in questa regione, deve partire da ogni persona. E poi con l’aiuto dei governi, che hanno anche loro un ruolo importantissimo. Ma per la pace c’è anche il lavoro sacerdotale, perché noi siamo coloro che predicano il Principe della Pace: i cristiani sono un segno di pace qui, in Medio Oriente.

D. – Tra l’altro, Papa Francesco non cessa di far sentire la sua vicinanza a Gaza e a voi come comunità cristiana…

R. – Sia dai discorsi che lui fa sulla pace, sia da un fatto concreto, il suo invito al parroco, padre Jorge Hernandez, in Vaticano per un colloquio, e poi per tutto quello che fa per la pace, Papa Francesco è molto benvoluto dai cristiani. Racconto un fatto: quando è venuto [in Terra Santa - ndr.], i cristiani ortodossi hanno scritto: “Welcome our Holy Father” - “Benvenuto al nostro Santo Padre”. E’ benvenuto anche nell’ambiente musulmano, perché sanno che il Papa è impegnato per la pace tra i due popoli. Perciò, noi ringraziamo veramente con tutto il cuore il Papa per tutto il lavoro che sta facendo per la pace.

D. – Cosa fa una parrocchia cristiana cattolica a Gaza? Come vive la sua giornata?

R. – Il nostro lavoro è principalmente con i cristiani: cercare di dare loro forza. Allora, ci sono le visite ai malati, le visite alle case, dobbiamo organizzare tantissime attività per i giovani, perché l’80% di loro è disoccupato e quindi dobbiamo organizzare tantissime attività nell’oratorio della parrocchia perché questi giovani possano venire magari anche tutti i giorni, così come i bambini. E questa è la nostra attività con i cristiani. Noi non possiamo predicare la conversione, per esempio, però comunque lavoriamo con la comunità musulmana. Ci sono tre scuole cattoliche qui dove possiamo lavorare, cioè manifestare la nostra religione cristiana, giacché non possiamo predicare con le parole, almeno predichiamo con la carità, che è la cosa più importante. Anche le suore hanno una casa grande per i bambini disabili, e sono tutti musulmani e poi una casa per gli anziani, anche loro tutti musulmani. Ecco, così cerchiamo di predicare Gesù Cristo, il Principe della pace: con la carità.








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