2014-12-30 12:48:00

Fides: 26 operatori pastorali uccisi nel 2014, 17 sono preti


Sono stati 26 gli operatori pastorali, 17 dei quali sacerdoti, uccisi nell’arco del 2014, tre in più rispetto all’anno scorso. Il dato è contenuto nel Rapporto che l’agenzia Fides dedica ogni anno ai membri della Chiesa cattolica vittime in larga parte di atti di violenza subiti nell’esercizio del loro ministero. Per il sesto anno consecutivo, rileva il Rapporto, il numero più alto di operatori pastorali uccisi si registra nel continente americano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Forse sarà per l’eroismo del loro gesto impagabile – tanto più grande perché “normale” e non celebrato – che a spiccare su una lista che ogni volta addolora sono quest’anno quei religiosi, quelle suore, quei laici che hanno guardato in faccia il virus Ebola, e soprattutto il viso di chi ne era stato colpito, per poi decidere che giocarsi la vita per aiutare chi era a un passo dalla morte aveva più senso che defilarsi da loro capezzale e dare ascolto all’istinto di sopravvivenza.

Ai quattro confratelli, alla religiosa e ai 13 operatori pastorali dei Fatebenefratelli morti in Sierra Leone e Liberia il Rapporto Fides dedica un paragrafo a parte. Ebola ha letteralmente decimato il loro Ordine in quei Paesi e la memoria corre alle missionarie delle Suore Poverelle di Bergamo che Ebola uccise nel ’95 in Congo e per le quali nel 2013 è stato avviato il processo di Canonizzazione.

Delle 26 vittime censite dal Rapporto, a perire di morte violenta sono stati 17 sacerdoti, 1 religioso, 6 religiose, un seminarista e un laico. Oltre la metà di loro, 14, sono stati assassinati in America – tra cui ben 12 sacerdoti. Altri 7 operatori, 2 preti e 5 religiose, hanno trovato la morte in Africa, i restanti in Asia (1 sacerdote, 1 religiosa), in Oceania (1 sacerdote, 1 laico) e in Europa, dove a perdere la vita è stato un sacerdote.

Il Rapporto Fides, nel ricordare che nel fare memoria di queste persone “non viene usato di proposito il termine ‘martiri’, se non nel suo significato etimologico di ‘testimoni’” – e questo “per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro” – sottolinea che “ancora una volta la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2014 ha trovato la morte in seguito a tentativi di rapina o di furto”, e che in diversi casi l’aggressione è avvenuta con “efferatezza e ferocia, segno del clima di degrado morale, di povertà economica e culturale, di intolleranza in cui vivevano”.

Qualcuno, prosegue la nota, “è stato ucciso dalle stesse persone che aiutava, altri hanno aperto la porta a chi chiedeva soccorso e sono stati aggrediti, altri ancora hanno perso la vita durante una rapina, mentre rimane incerto il movente per tante altre aggressioni e rapimenti conclusisi tragicamente, di cui forse non si conosceranno mai le vere cause”. In ogni caso si chiarisce che “nessuno di loro ha compiuto azioni o gesti eclatanti, ma ha vissuto con perseveranza e umiltà l’impegno quotidiano di testimoniare Cristo e il suo Vangelo in tali complesse situazioni”.

Il Rapporto riferisce anche della condanna dei mandanti dell’omicidio del Vescovo di La Rioja (Argentina), mons. Enrique Angelelli, avvenuta a 38 anni dall’assassinio del presule, sulle prime “camuffato da incidente stradale”. E condannati sono stati pure i mandanti e gli esecutori dell’assassinio di mons. Luigi Locati, vicario apostolico di Isiolo in Kenya), ucciso nel 2005, mentre in manette sono finiti i responsabili dell’uccisione nel 2013 di padre Thomas, rettore del Seminario di Bangalore, in India. A confessare, nei mesi scorsi, era stato anche l'assassino di Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernadetta Boggian, le tre anziane suore uccise lo scorso settembre in Burundi.

Le ultime righe sono quelle di una speranza che per quanto flebile non vuole arrendersi anzitempo: la speranza per la sorte di quegli operatori pastorali sequestrati o scomparsi, di cui non si hanno più notizie, come i tre sacerdoti congolesi Agostiniani dell’Assunzione, rapiti nel nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo nell’ottobre 2012. O come il gesuita italiano padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria l’anno scorso, o come padre Alexis Prem Kumar, rapito il 2 giugno scorso ad Herat, in Afghanistan. “Agli elenchi provvisori stilati annualmente dall’Agenzia Fides, deve sempre essere aggiunta – è la considerazione che chiude il rapporto – la lunga lista dei tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Gesù Cristo”.








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