2014-12-30 13:14:00

A fine 2014 a confronto le diverse economie del mondo


A sei anni dall’inizio della crisi finanziaria negli Stati Uniti, che si è presto ripercossa pesantemente sull’Europa e a diverso livello su altre parti del mondo, il quadro della situazione economica mondiale, alla vigilia del 2015, si presenta in miglioramento ad esclusione dell’area dell’Euro, ancora in stagnazione. Per tracciare un bilancio, Fausta Speranza ha intervistato Leonardo Becchetti, docente di Economia politica a Tor Vergata:

R. – La zona più in difficoltà quest’anno è quella dell’Europa, perché il Pil mondiale cresce e tante zone sono in espansione: l’Asia, l’Africa, l’America Latina e gli Stati Uniti. Si è pensato nell’Eurozona che con il rigore si sarebbe potuto far ripartire l’economia, ma questo era assolutamente impossibile. Una crisi finanziaria vuol dire distruzione di moneta e di domanda e quindi c’è bisogno di interventi che facciano ripartire la domanda. Gli Stati Uniti hanno avuto il coraggio di farlo: hanno spinto sull’acceleratore degli investimenti pubblici, accettando anche in un primo momento un aumento del rapporto Deficit-Pil molto alto, ben oltre i parametri di Maastricht, oltre il 10 per cento. Adesso la crescita economica gli sta dando ragione e rapidamente il deficit è sceso sotto il 3 per cento. Poi hanno saputo stampare moneta, cosa molto importante, perché nella globalizzazione stampare moneta non vuol dire creare inflazione. Prova ne è il fatto che loro hanno stampato una quantità enorme di moneta, che hanno immesso nell’economia, e il loro tasso di inflazione è ancora bassissimo e pari all’1,5 per cento.

D. – Parliamo di Asia?  

R. – L’Asia è una zona in fortissima crescita, dove si sta verificando quello che noi economisti chiamiamo il fenomeno della convergenza, cioè i Paesi più poveri mettendo a posto tutte quelle condizioni che favoriscono l’afflusso di capitali stranieri - quindi capitale umano, buone regole e così via - riescono a crescere più rapidamente dei Paesi più avanzati dal punto di vista economico e quindi recuperano il terreno perduto. Questo sta accadendo molto rapidamente, anche se la Cina sta un pochino rallentando, come è normale che sia. I progressi che sono stati fatti in quest’area, dal punto di vista della crescita economica, sono spettacolari. Ovviamente la crescita economica non sempre si accompagna ad una sostenibilità sociale ed ambientale ed è proprio su questo punto che l’Asia deve fare passi avanti e soprattutto la Cina: sui diritti democratici, ma anche sul problema gravissimo dell’ambiente, che è il problema numero uno in questo momento in Cina, con decine di migliaia di morti per inquinamento, per tumori, ogni anno. E’ diventato veramente un problema di ordine pubblico. E’ sicuramente un bilancio positivo dal punto di vista della capacità di combattere contro la povertà e di creare valore economico, non tanto per quanto riguarda la sostenibilità sociale ed ambientale ed i diritti democratici.

D. – Il continente africano, tra mille contraddizioni, è un continente in crescita che dipende sotto certi punti di vista dagli equilibri internazionali, e che per altri versi invece risponde  a logiche sue particolari…

R. – Si dice che l’Africa sarà l’Asia del futuro. Le aspettative sullo sviluppo sono enormi, anche perché si parte da livelli di sviluppo molto più bassi. Anche qui la regola è semplice: se si mettono a posto le condizioni interne - quindi una buona qualità delle istituzioni, bassa corruzione, stabilità politica - la strada per l’afflusso dei capitali esteri per lo sviluppo delle infrastrutture è abbastanza tracciata, anche aiutata dal fatto che oggi la Rete ha consentito all’Africa di "saltare" molte fasi dell’infrastrutturazione e l’Africa gode di una diffusione dei telefonini molto, molto vasta, che è importante. Ci sono, quindi, alcuni Paesi in particolare che sono all’avanguardia in questo momento, dal punto di vista della stabilità politica, della crescita. Sono sicuramente il Ghana, ma anche la Tanzania e l’Etiopia. L’Africa, quindi, potrà fare dei grandissimi passi avanti, a patto che sappia superare quelle condizioni terribili di guerre interne, conflitti civili, di corruzione, che ovviamente frenano lo sviluppo di una buona economia.

D. – Ebola ovviamente preoccupa dal punto di vista umanitario, che è quello che più ci sta a cuore, ma c’è un discorso anche economico da fare: alcuni Paesi sono stati veramente colpiti, anche nell’economia…

 R. – L’impegno, anche internazionale, per migliorare le condizioni di salute in Africa c’è, ma il problema di fondo è quello che purtroppo alcune malattie, molto diffuse in Africa, come la malaria, non solo ebola, non sono particolarmente “appetibili” dal punto di vista dei profitti, per le grandi compagnie farmaceutiche internazionali che dovrebbero investire per trovare vaccini. E, quindi, bisogna trovare delle soluzioni come quella della cosiddetta "Alleanza dei vaccini", cioè raccogliere una grande quantità di fondi, che poi possano premiare chi nella ricerca riesce a conseguire il vaccino, creando gli incentivi anche per l’investimento in ricerca in queste situazioni.








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