2014-12-25 10:00:00

Centrafrica. Mons. Coppola: Natale più sereno dopo violenze


La Repubblica Centrafricana vive un altro Natale nell’incertezza ma con la speranza che la guerra civile possa essere sempre di più un ricordo del passato: oggi la situazione è più tranquilla, anche grazie alla presenza dei 10mila caschi blu della missione Onu ‘Minusca’. Il bilancio di due anni di violenze è di oltre 5mila morti e 800mila sfollati: tante sono le ferite da rimarginare, in particolare tra le varie componenti religiose del Paese. La riconciliazione nazionale è sostenuta da un forte impegno della Chiesa cattolica. Marco Guerra ne ha parlato con mons. Franco Coppola, nunzio apostolico a Bangui:

R. – Questo Natale è un Natale che si vive con grande speranza per la prima volta da tre anni a questa parte: due anni fa, il Natale 2012, fu segnato dall’inizio della rivolta della Seleka e quindi dall’invasione di questa milizia in tutto il Paese; e il Natale dello scorso anno – il Natale del 2013 – segnò l’inizio della rivolta degli anti-Balaka, che giusto qualche giorno prima di Natale cominciavano questi scontri e questo ha impedito di fatto di poter celebrare serenamente il Natale negli anni scorsi. Quest’anno certamente la situazione è molto migliorata rispetto agli ultimi due anni: sicuramente la popolazione è stanca di questi scontri, di queste fazioni; la gente vuole voltare pagina e vuole riprendere la vita normale. E’ in corso di dispiegamento una forza importante delle Nazioni Unite - a fine marzo dovrebbero essere 12 mila soldati che assumeranno il controllo del territorio - che sta accompagnando anche le forze politiche e le autorità ad intavolare un dialogo, che veda intorno allo stesso tavolo tutte le persone che hanno qualcosa da dire sul futuro del Centrafrica, quindi i politici ma anche le milizie e le forze che hanno preso le armi per combattere. Una volta fatto questo dialogo nazionale, tra giugno e luglio dell’anno prossimo ci dovrebbero essere le elezioni presidenziali e legislative, nelle quali si eleggerebbero delle persone di consenso, delle persone che possano cioè godere della fiducia della popolazione e che potrebbero far uscire il Centrafrica da questa transizione che è durata già troppo.

D. – Cosa impedisce di imboccare la via della pace?

R. – Il fatto che le due comunità sono state pesantemente ferite: ci sono delle ferite vite! La comunità non musulmana, sia i cristiani che gli adepti delle religioni tradizionali, hanno subito pesanti esazioni e atrocità durante tutto il 2013; mentre la comunità musulmana è stata pesantemente colpita durante tutto questo 2014. Non è stato uno scontro di eserciti, sono state violenze nei confronti dei civili e le persone sono ferite. Se da un lato, a livello di popolazione, c’è certamente il desiderio di girare pagina, è vero pure che a livello di capi, a livello di responsabili, a livello di politici, questo sentimento di giustizia che arriva delle volte ad un desiderio di vendetta viene sfruttato per alimentare questo scontro. Però si guarda al futuro con più speranza! Un cammino difficile ancora ci aspetta, però credo che il sentiero imboccato sia decisamente quello che porterà alla pacificazione del Paese. E la Chiesa in questo sta dando un contributo molto importante. Proprio nelle settimane precedenti al Natale, l’arcivescovo della capitale ha guidato dei gruppi della Caritas a rendere visita nei campi dei miliziani delle due parti: hanno visitato dei campi di miliziani anti-Balaka, hanno visitato dei campi dei miliziani Seleka, portando aiuti concreti e cibo, medici ed infermieri che hanno curato le persone malate e ferite… la Chiesa sta mostrando la mano della riconciliazione per quel Paese.

D. – Il Natale è anche un’occasione per vivere nella propria comunità la propria fede: questo può aiutare anche la riconciliazione?

R. – Certamente ed è quello che speriamo tutti: festeggiarlo come si conviene e anche fermarsi a riflettere sul bene ricevuto attraverso questa festa, attraverso quello che significa. Speriamo proprio che una certa serenità – che esiste in grande parte del Paese in questi giorni e in queste settimane – possa permettere di vivere queste feste ed avere il cuore abbastanza libero per poter ricevere il messaggio che viene da queste feste, ricevere il Signore che arriva in questo Natale.








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