2014-12-24 13:06:00

Conventi aperti ai profughi dopo l'invito di Francesco


Sono decine di migliaia in Italia i posti messi a disposizione di rifugiati da parte di strutture religiose. L’accoglienza di profughi, già radicata in molte comunità, è cresciuta dopo l’appello all’accoglienza dei più bisognosi levato da Papa Francesco, nel settembre 2013 durante la visita al Centro Astalli:  “I conventi vuoti – ha detto in quell’occasione – non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare soldi, ma sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”. Lo conferma l’esperienza delle Suore di San Giuseppe di Chambery, raccontata al microfono di Paolo Ondarza dalla superiora provinciale, suor Maria Cristina Gavazzi:

R. – Noi siamo presenti in cinque continenti, quindi può ben immaginare l’estensione della Congregazione. Già il Capitolo generale del 2009 aveva deciso di aprire le porte delle nostre comunità religiose ai migranti e ai rifugiati. Questo lavoro, quindi, lo stiamo facendo in Italia, lo stiamo facendo negli Stati Uniti d’America, lo stiamo facendo in Papua Nuova Guinea e lo stiamo facendo in India. Le parole di Papa Francesco per noi sono risuonate come un ulteriore incoraggiamento.

D. – Le parole del Papa sono state raccolte da diverse comunità religiose, che disponevano di strutture vuote anche in ragione del calo delle vocazioni…

R. – Direi che questo è un segno decisivo. Sono consapevole che abbiamo semplicemente aggiunto una goccia nel mare, aprendo le porte della nostra struttura a Roma. Nel complesso della Casa provinciale abbiamo accolto tre rifugiati, che ci ha inviato il Centro Astalli. Sono tre giovani, provenienti dal Ghana. Siamo coscienti che sia semplicemente una goccia, ma sono più che convinta che questo sia un inizio. I rifugiati sono stati accolti nella casa di campagna, dove un tempo risiedeva una famiglia di contadini. Le parlo di cose che risalgono a oltre 20 anni fa.

D. – Quindi, avete ristrutturato questa casa…

R. – Abbiamo ristrutturato e abbiamo offerto questa casa, munita di tutti i comfort, a questi tre rifugiati.

D. – Questa vostra iniziativa è nata dopo le parole di Papa Francesco?

R. – Questa iniziativa specifica, sì, è nata dopo le parole di Papa Francesco. Ci siamo chiesti infatti come potevamo mettere a disposizione qualcuna delle nostre strutture e chiaramente, essendo noi una Congregazione di spiritualità ignaziana, ci siamo rivolte alla Fondazione Astalli.

D. – Per la vita della vostra comunità, l’accoglienza di tre rifugiati che cosa ha significato?

R. – Incrocio questi giovani quando vanno o ritornano dal lavoro e vedo che le suore che vivono lì – una comunità di anziane sostanzialmente – hanno un buon rapporto con loro. Uno di loro, che fa il panettiere, per esempio, di tanto in tanto porta loro il pane, porta le focacce. C’è, quindi, una relazione abbastanza frequente con questi giovani. Dormono in una nostra struttura, ma anche per cucinare sono completamente autonomi.

D. – Parla di suore anziane: la presenza di questi tre rifugiati ha rivoluzionato un po’ la loro vita...

R. – La comunità continua ad avere tranquillamente i suoi ritmi, anche perché i giovani non sono dentro la struttura comunitaria, hanno una totale loro indipendenza. Questo non significa, però, che non ci siano delle interazioni positive tra quella che è la comunità religiosa e questi tre giovani. Noi abbiamo messo a disposizione della Fondazione Astalli – e quindi anche altri rifugiati verranno a lavorare – il nostro terreno, perché attualmente è incolto, non avendo più suore che come un tempo coltivavano la campagna. La Fondazione Astalli si è fatta promotrice di inviare, attraverso una cooperativa di servizi, alcuni giovani che verranno a lavorare la terra e quindi produrranno prodotti agricoli che poi rivenderanno sui mercati.

D. – Ospitate giovani di fede non cristiana: qual è la loro risposta alla vostra accoglienza?

R. – Questi tre ragazzi sono musulmani. Le faccio semplicemente un esempio: questi tre giovani stasera saranno ospiti della nostra comunità del noviziato per la cena di Natale. Loro sono arrivati, se non ricordo male, ad aprile-maggio di quest’anno e quindi è la prima grande festività a cui li abbiamo invitati e alla quale loro hanno detto sì, pur essendo di religione diversa dalla nostra.

D. – I poveri sono maestri privilegati della nostra conoscenza di Dio, ha detto il Papa…

R. – Noi facciamo costantemente esperienza di quanto i poveri ci evangelizzino.








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