2014-12-23 15:00:00

La missione di don Carpentieri, sacerdote dei ragazzi disagiati


Per aiutare i ragazzi disagiati è necessario vivere le periferie e avvincarsi ai luoghi che loro stessi frequentano, come discoteche o locali. È proprio questo che fa don Giovanni Carpentieri, assistente spirituale dell’associazione “Fuori della porta” che ogni giorno diventa punto di riferimento e mano amica di ragazzi in difficoltà. Corinna Spirito gli ha chiesto di raccontarci la sua missione quotidiana.

R. – L’Associazione di volontariato onlus “Fuori della porta”, che è anche un’associazione privata di fedeli di cui io sono assistente ecclesiastico, fa all’interno della diocesi di Roma un servizio pastorale di presenza, di accompagnamento di ragazzi tra i 13 – purtroppo – e i 24/25 anni. Una fascia giovanile che a Roma è in permanente stato di emergenza, sia dal punto di vista dell’uso di sostanze, sia dal punto di vista dell’alcol e del circuito della prostituzione. Quindi, è un discorso di accompagnamento a questa fascia.

D. – Cosa organizzerete per condividere il Natale con questi ragazzi?

R. – Più che occuparci di questi ragazzi a Natale, ci occupiamo dei ragazzi tutto l’anno con un procedimento di tre step. Il primo passo è la presenza negli ambienti: questa fascia di ragazzi non "si prende" se non si abitano queste periferie, come dice Papa Francesco. Stare lì, in questi ambienti, intercettare questi ragazzi che hanno mille tragedie: e questa è la prima presenza, in un discorso – ovviamente – di promozione umana, come del resto ci dice la “Evangelii Gaudium”. Il secondo step è la presa in carico dei ragazzi che vengono incontrati, con le loro difficoltà di natura scolastica, di natura psicologica, di natura legale; e il terzo step, che in questo senso stiamo anche un pochino cambiando, è l’accoglienza dei ragazzi. Per un po’ di anni abbiamo fatto accoglienza dei ragazzi anche maggiorenni, e adesso stiamo per aprire una casa-famiglia per minori a rischio, in convenzione con il Comune di Roma.

D. – Nell’associazione sono presenti anche coetanei che magari aiutano questi ragazzi ad integrarsi?

R. – Ovviamente, noi abbiamo in associazione un gruppo di volontari, affiancati anche da un gruppo di competenze professionali che, nella misura in cui si rende necessario, accompagnano, affiancano questi ragazzi. Quello che manca non è tanto il coetaneo che si può trovare e che, ovviamente, deve essere maturo, ma è proprio la realtà adulta che viene a fare difetto, che noi non abbiamo nel presente. È un mondo adulto che in generale, nella nostra società, manca, non prende a carico la realtà giovanile; un mondo adulto per il quale la realtà giovanile è soltanto motivo o occasione di business, motivo o occasione di giochi più o meno affettivi, più o meno sessuali – come sentiamo. Ma nella nostra piccola realtà associativa cerchiamo anche, oltre a questo, di fare formazione all’interno della diocesi.

D. – Possiamo dire che siete già una famiglia per questi ragazzi?

R. – Ovviamente. Adesso siamo in dirittura di arrivo, ci manca ancora qualche piccolo permesso tecnico – le solite lungaggini burocratiche, ovviamente. L’obiettivo è quello di essere una casa-famiglia, cioè di dare casa a chi, per tanti motivi, casa non ha, soprattutto di essere famiglia per chi, per tanti motivi, questa famiglia non ce l’ha. Io rivolterei – se mi è permesso – la domanda e chiederei: “Di chi sono figli questi giovani, questi ragazzi, queste ragazze? Di chi sono figli?” Sono figli anche nostri, sono figli anche delle nostre famiglie che per grazia di Dio noi abbiamo avuto… Quindi si è rivelata vincente la situazione che il nostro essere padre, madre, il nostro essere marito, moglie, la nostra genitorialità possa essere una carta vincente per tantissimi di questi ragazzi.








All the contents on this site are copyrighted ©.