2014-12-20 14:06:00

Mosca sfida le nuove sanzioni: aiuti ai separatisi ucraini


Mosca torna a sfidare le sanzioni Usa ed Ue. Domani, un nuovo convoglio di aiuti umanitari russi, il decimo dall'inizio della crisi, raggiungerà le regioni orientali e separatiste ucraine, violando nuovamente l'integrità territoriale di Kiev. Lo ha annunciato oggi il ministro per le Emergenze, Vladimir Puchkov, all’indomani del divieto emanato dal presidente americano, Barack Obama, di commerciare con la Crimea e delle nuove sanzioni alla Russia varate dal Canada. Per un commento sulle nuove misure restrittive, Marco Guerra ha intervistato Danilo Elia, giornalista dell'Osservatorio Balcani e Caucaso:

R. – Sembra che le diplomazie occidentali si stiano muovendo con un certo sincronismo, perché – lo ricordiamo – queste sanzioni, queste mosse del Canada e quelle annunciate degli Stati Uniti, seguono quelle dell’Unione Europea rivolte espressamente alla Crimea – alla Crimea russa naturalmente – e possono essere lette a mio parere in un’unica maniera: in questi mesi la Russia, nonostante le pressioni dell’Occidente, non ha fatto alcun passo indietro riguardo alla propria politica di gestione della crisi ucraina, e questo – secondo l’orientamento dominante nei partner occidentali – non può essere lasciato andare “gratis”. Non c’è dubbio quindi che l’intento delle nuove sanzioni, delle nuove ondate di sanzione, sia quello di colpire ancora più profondamente la Russa che, lo ricordiamo, incomincia a subire l’effetto delle prime ondate e, appunto, in particolar modo non a caso colpiscono la Crimea, dando un chiaro segnale di quale sia l’obiettivo che si intende colpire.

D. – Però, anche la stessa Europa subisce forti ritorsioni dopo queste sanzioni…

R. – Sì, è vero. E’ anche vero che l’Europa probabilmente è il partner della Russia che maggiormente subisce gli effetti collaterali, gli effetti di ritorno delle sanzioni stesse. Questa è una delle critiche che più spesso viene mossa all’Unione Europea, alle decisioni europee di inasprire le sanzioni. Cioè, si dice sostanzialmente che gli Stati Uniti hanno gioco più facile, e anche il Canada, perché non starebbero pagando alcun prezzo. Sono le diverse anime di questa Unione Europea: l’Italia sta cercando di mediare, non soltanto l’Italia, anche la Francia, perché sono molto stretti i rapporti commerciali con la Russia… C’è un’altra Europa, ci sono Paesi come i Baltici – la Lituania capofila e anche la Polonia – che continuano a sostenere una linea molto dura. Quindi, chiaramente la posizione dell’Unione Europea non può che essere la sintesi di tutte queste anime.

D. – Quali sono i prodotti principalmente colpiti, i settori che stanno soffrendo di più?

R. – Le contro-sanzioni, chiamiamole così, della Russia, cioè le ritorsioni, la messa al bando dell’importazione di alcuni prodotti sta colpendo in maniera settoriale le attività di vari Paesi. C’è un bando generalizzato soprattutto sui prodotti alimentari: chiaramente, l’Italia da questo punto di vista è un grande esportatore e i russi apprezzano molto la cucina italiana. Così, ad esempio, sono stati posti bandi sull’importazione della frutta, delle mele dalla Polonia… Sono veramente misure molto, molto mirate per colpire i singoli mercati.

D. – Putin, finora, non ha quasi mai prestato il fianco con segni di cedimento. Nella conferenza di fine anno, ha detto però che la crisi valutaria e le conseguenze della crisi economica di questi mesi sono provocate da elementi esterni. Anche la Russia, quindi, inizia a mostrare logoramento da questa crisi ucraina?

R. – Le parole di Putin in conferenza non dovrebbero stupire più di tanto. La sindrome dell’accerchiamento è un aspetto del modo di vedere russo molto, molto radicato. La leadership russa, il Cremlino, Putin utilizzano questa sindrome di Paese sempre sotto attacco da parte dell’Occidente e quindi funziona anche in questo ambito. Quindi, provare a dare una spiegazione, una versione per cui la svalutazione del rublo sia effetto di una manovra orchestrata dai partner occidentali per indebolire la Russia, ha chiaramente i suoi effetti. Ora, difficile dirlo naturalmente se sia vero o meno. Bisogna comunque ricordare che c’è un altro prezzo, un altro bene che sta crollando: il petrolio. E il bilancio statale russo si basa prevalentemente sul prezzo del petrolio. Quindi, tutto sommato, gli effetti del crollo del prezzo del petrolio potrebbe farsi sentire anche sull’economia e quindi riflettersi sul valore della moneta. Quindi, riesce un po’ difficile credere che sia soltanto effetto di manovre speculative o di manovre per indebolire l’economia russa.








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