“Abbiamo visitato tutte le diocesi e abbiamo incontrato i responsabili dei progetti di assistenza della Chiesa e delle organizzazioni internazionali per assistere le popolazioni colpite dal virus ebola” dice all’agenzia Fides da Monrovia in Liberia, padre Robert J. Vitillo, delegato presso le Nazioni Unite a Ginevra per la Caritas Internationalis, che ha accompagnato il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nella sua visita in Sierra Leone e Liberia, due dei Paesi, insieme alla Guinea, più colpiti da Ebola.
L'incontro con la Chiesa
“Abbiamo incontrato i vescovi dei due Paesi e i responsabili
delle Caritas nazionali e diocesane, e abbiamo constatato come la Chiesa sia molto
impegnata nel rispondere all’emergenza rappresentata da ebola, specialmente nel mobilitare
le persone educandole alla prevenzione. Le parrocchie hanno un ruolo importante nell’insegnare
come impedire la diffusione del virus” sottolinea padre Vitillo.
Il dramma degli orfani di ebola
“Uno dei drammi provocati da ebola sono gli orfani:
nella sola Sierra Leone ci sono oltre 2.500 ragazzi resi orfani dal virus. Le famiglie
di origine li respingono perché temono che possano essere fonte di contagio, cosa
assolutamente falsa – evidenzia il sacerdote -. Ci sono alcuni progetti della Chiesa
a loro favore, come quello dei Salesiani nei pressi di Freetown (Sierra Leone) che
prevede una prima accoglienza di 120 ragazzi per poi cercare di farli riaccettare
dalle famiglie. Ci vorrà tempo, ma stanno lavorando in questo senso”.
Famiglie in quarantena senza cibo
“Un altro problema sono le famiglie poste in quarantena
sanitaria che non hanno i mezzi per comprare gli alimenti - prosegue il rappresentante
di Caritas Internationalis -. Le parrocchie si sono organizzate per portare cibo a
queste famiglie”. “Infine tutte le strutture
sanitarie della Chiesa nei Paesi colpiti sono mobilitate per affrontare l’emergenza”
afferma padre Vitillo, che conclude: “il lavoro più importante è sul lungo periodo,
per combattere la stigmatizzazione sociale di coloro che sono sopravvissuti a ebola,
circa il 50% degli infettati”. (R.P.)
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