2014-12-09 15:36:00

Ebola, virus non demorde. La Boldrini ringrazia gli operatori


Con circa 7.800 casi di contagio, la Sierra Leone, riporta l’Oms, ha superato la Liberia nella diffusione di Ebola. L’emergenza si aggrava, e oggi alla Camera dei deputati la presidente Laura Boldrini ha organizzato un incontro sull’allarme virus, appuntamento al quale hanno partecipato gli operatori umanitari delle varie organizzazioni impegnate nei tre Paesi maggiormente colpiti: Liberia, Sierra Leone e Guinea. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

“Dell’allarme Ebola ce ne siamo accorti tardi, quando i primi occidentali sono morti”: è stata questa la denuncia di Laura Boldrini nel ricevere oggi coloro che ha definito 'gli italiani eroi, che sfidano la paura, in prima linea nella lotta contro Ebola, che si distinguono per generosità e professionalità’. Ad ascoltarla c’erano gli operatori delle principali organizzazioni e istituzioni impegnate nel contrasto ad Ebola, tra le quali Emergency, Action Aid Italia, Fao, Istituto Superiore di Sanità, Oxfam, Medici con l’Africa – CUAMM, Medici senza frontiere Italia. E di Msf fa parte Saverio Bellizzi, medico-epidemiologo rientrato una settimana fa dalla Guinea, Paese dove negli ultimi mesi si è recato tre volte e dove tornerà a gennaio:

R. – La situazione è tuttora fuori controllo. In Guinea, addirittura, i casi del mese scorso hanno superato i casi di ottobre in cui si pensava si fosse ad un picco e ciò vuol dire che ci sono ancora numerosi focolai distribuiti in tutto il territorio. Adesso, man mano, dalla cosiddetta Guinea forestale l’epidemia si sta muovendo verso il nord, quindi, c’è ancora molto da fare. Parallelamente, sappiamo bene che in Sierra Leone l’epidemia è ancora molto molto attiva e che in Liberia c’è un leggero calo.

D. – Queste tre zone, quindi, non hanno un andamento simile?

R. – No, perché molto dipende dal contesto culturale, territoriale e anche dalla risposta locale delle organizzazioni e  delle autorità locali.

D. – In Guinea, dove è stato adesso lei, che tipo di risposta si sta dando al virus?

R. – La risposta è notevolmente migliorata con sul campo numerose organizzazioni internazionali e locali. C’è però ancora molto bisogno di un migliore coordinamento e di risorse umane che vengano collocate un po’ dappertutto, per poter arrestare l’epidemia.

D. – In questo momento, l’epidemia si sta affrontando nel modo giusto? All’inizio c’è stata la denuncia di chi diceva che ne fosse stata sottovalutata la portata. Allora, secondo lei, in che modo la comunità internazionale deve affrontare questo problema?

R. – Sicuramente, all’inizio, quando è stata data l’allerta, parliamo quindi di marzo, la situazione è stata molto sottovalutata e Medici senza Frontiere era l’unica organizzazione che era intervenuta immediatamente. Con il passare del tempo, dopo il continuo richiamo da parte nostra e anche da parte delle Nazioni Unite, più organizzazioni si sono messe in moto e adesso abbiamo una risposta che è molto migliore rispetto a quella precedente. Ciò non toglie che ci sia ancora molto, molto, bisogno soprattutto di risorse umane, in considerazione del fatto che tutto il sistema sanitario è stato stravolto. I medici, molti operatori sanitari locali, stanno ancora morendo in questo momento nei tre Paesi.

D. – Da parte della popolazione di questi Paesi c’è stata una presa di coscienza maggiore e quindi una capacità superiore di affrontare la malattia, o la paura sta creando problemi a voi che lavorate?

R. – La situazione, per quanto riguarda la risposta delle popolazioni, è molto variegata. A livello urbano, dove è stata fatta molta sensibilizzazione, la risposta è migliorata notevolmente e abbastanza rapidamente. In zone rurali, invece, permane ancora quello stato di resistenza, di non accettazione della malattia e ciò rende molto complicato affrontare la malattia stessa.

D. – Uno degli aspetti più gravi e più drammatici è quello dei bambini, che sono più volte vittime: perché si ammalano, o perché perdono i genitori, o perché sono vittime dello stigma sociale. Questa emergenza minori a che punto è?

R. – E’ un problema che sta venendo a galla sempre di più. Ci sono intere famiglie che vengono “sterminate” dalla malattia e quindi sempre più bambini piccoli che rimangono senza genitori o senza alcuna persona della famiglia che possa tenerli a bada. Quindi, il problema è venuto a galla da diversi mesi e adesso ci sono più e più organizzazioni che stanno cercando di affrontare il discorso.

D. – A lei cosa spaventa di più di questa epidemia, di ciò che sta avenendo in questi Paesi?

R. – La cosa che mi spaventa e che mi lascia un po’ timoroso è il fatto che si perda l’attenzione su questa malattia. Anche questo andare avanti e indietro dell’attenzione mediatica potrebbe far sì che le risorse promesse o le risorse che servono non vengano messe completamente in azione, perché verrà a mancare un po’ la percezione della situazione che è tuttora è molto grave.

Medici con l’Africa – CUAMM ha un team di cinque persone a Pujehun, nel sud della Sierra Leone, al confine con la Liberia, con 350 mila abitanti. Gli operatori sanitari non si occupano del trattamento ma procedono all’accertamento dei casi. Andrea Borgato, è il vicedirettore del CUAMM:

R. – La situazione rimane ancora grave, nel senso che i nostri cinque operatori sul campo continuano a dirci che purtroppo sono moltissimi i casi che vengono ancora rilevati positivi di Ebola. Nel distretto dove siamo noi, sembra che i casi stiano aumentando. C’è stato un periodo in cui c’era stata una flessione e c’eravamo anche un po’ illusi che la cosa stesse terminando. Invece, in questi giorni, registriamo ancora un aumento di casi, che vengono poi trasferiti ai centri di trattamento.

D. – Voi siete stati ricevuti da Laura Boldrini, che nel parlarvi ha elogiato molto il vostro lavoro, sicuramente ad altissimo rischio. Ha poi sollecitato l’invio di cinquemila operatori sanitari nei Paesi colpiti e un forte intervento dell’Unione Europea. Voi ritenete che questo sia necessario? Manca il personale? Mancano i fondi?

R. – Sicuramente, il sistema sanitario locale è un sistema sanitario molto fragile e debole e con questa epidemia è diventato ancora più debole e infragilito ed è incapace purtroppo, anche per mancanza di personale adeguato, di gestire la situazione. Sicuramente, c’è bisogno di un intervento di personale sanitario qualificato. I cinquemila invitati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono i numeri che sembrerebbero necessari per affrontare in modo adeguato l’epidemia. Ci pare che il governo italiano abbia cominciato a fare qualcosa e la presidente Boldrini annunciava oggi che è stato approvato alla Camera, nella Legge di stabilità, un emendamento che dovrebbe consentire l’aspettativa al personale sanitario italiano per poter poi recarsi, anche per periodi brevi, in questi Paesi che sono stati così duramente colpiti da Ebola.

D. – Questo è un aspetto molto importante, perché è opportuno sottolineare che tutto il personale sanitario che si è recato in questi Paesi lo ha fatto a titolo volontario, prendendo le ferie…

R. –  Direi di sì. La maggior parte di chi ha potuto trasferirsi in quei Paesi, l’ha potuto fare soltanto in questo modo, quindi per periodi molto, molto, brevi. E ovviamente i periodi molto brevi rischiano di essere non totalmente efficaci, proprio per dare continuità a un lavoro sul campo, anche in termini di organizzazione e di formazione del personale locale. Anche questo, infatti, è un elemento fondamentale: dare opportunità agli operatori sanitari locali di formarsi e di essere capaci insieme agli operatori internazionali di far fronte ai problemi che questa epidemia ha portato dentro il sistema sanitario. Quello che conta, secondo noi, è che i riflettori dell’informazione continuino a rimanere accesi su questo problema. Oggi c’è Ebola, domani potrebbero esserci altre epidemie che si sviluppano in Paesi come l’Africa. E come si diceva oggi nell’intervento che è stato fatto alla Camera con la presidente Boldrini, c’è bisogno che il mondo e anche lo stesso nostro Paese, il governo italiano, investa sempre di più verso questi Paesi, aiutandoli a sostenere i propri sistemi sanitari. Dando nuovo fiato, nuova aria, a questi sistemi e dando anche nuova prospettiva di futuro, sicuramente certi problemi, anche di tipo sanitario, dovrebbero nel tempo trovare risposte molto più concrete e più immediate di quelle, come è successo in questi giorni.








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