2014-12-08 09:03:00

Chiuso Convegno Cism-Usmi: i consacrati e l'esempio del Papa


Il Convegno Cism-Usmi sull’impegno dei consacrati nelle periferie è terminato ieri con la tavola rotonda sulla rivoluzione comunicativa di Francesco, cui hanno partecipato padre Federico Lombardi, il prof. Massimo Cacciari, l'arcivescovo Bruno Forte e mons. Josè Rodriguez Carballo, commentando il “linguaggio” del Papa.

Padre Lombardi ne ha colto la spiritualità in sette parole: rilanciare una chiesa missionaria che guarda fuori da sé per portare il Vangelo; camminare insieme con passo sinodale per trovare insieme la strada; ascoltare e lasciarsi stupire; coltivare la cultura dell’incontro; servire Dio, la Chiesa, il prossimo, gesto ben evidenziato dalla lavanda dei piedi nel carcere minorile alle ragazze musulmane; includere, dimensione in cui non teme di essere polemico, denunciando i mali più gravi di oggi; custodire la responsabilità verso gli altri e verso il mondo che ci è stato affidato per essere custodito con responsabilità e con amore.

Per Massimo Cacciari, “Papa Francesco attinge da una tradizione grande, interna alla Chiesa Cattolica, vivendo  drammaticamente un cambio d’epoca che un cristiano affronta sì con speranza e che, tuttavia, è imprevedibile nei suoi sviluppi”. Parole da ascoltare in un’Europa assalita dalle trasformazioni, compresa una drammatica perdita della sacralità. Viene dalla fine del mondo, non dall'Europa che non è più il centro del mondo”.  Il suo linguaggio attinge a una teologia vera, centrata su una tradizione fortemente volontaristica, che ha grandi rapporti con la mistica teresiana, solida e sostanziale, centrata sul fate e poi insegnate. Un metodo che comporta la “straordinaria tensione ad ascoltare la realtà, non da fuori ma entrandoci dentro. “Ma - si è chiesto Cacciari - in un secolo caratterizzato da una radicale incapacità di ascolto, è possibile ancora una strategia di questo genere? Non si arriverà di nuovo a un affrontamento polemico, a un confronto con il mondo di oggi senza giungere a un momento giudicante?”.

Riferendosi alla rivoluzione comunicativa del Papa, mons. Forte ha detto che essa arriva al cuore di tutti perché è sincera, semplice e sobria. La sincerità  fatta  con dichiarazioni spontanee che non sono mai avventate, ma “ruminate, anche se sul momento possono apparire di sorprendente novità”. Semplicità perché, detta a braccio, e raggiunge coloro cui si dirige. “Abituato da sempre a stare vicino ai poveri - ha detto l’arcivescovo di Chieti-Vasto - Papa Francesco si è allenato a dire le cose grandi in modo umile e comprensibile a tutti”. Una semplicità che non avrebbe la forza che ha, se non fosse abitata da sincerità e trasparenza.

Infine, la sobrietà che rifugge da tutto ciò che sembra esaltare il potere, “che ha bisogno di fraternità condivisa, dell’uso di auto semplici, di comportamenti normali, che vuol far capire di essere un compagno di strada e un fratello in umanità”.

Non manca, infine, l’elemento “sorpresa”, che viene dalla scelta del nome, alla richiesta di benedizione al popolo a inizio Pontificato, al suo presentarsi come vescovo della Chiesa di Roma - elemento misto a molta tenerezza che rende l’altro felice e consapevole che ogni dono è un reciproco scambio di bene e rende l’umanità più vera, più serena, più bella per tutti.

Per orientare la vita religiosa - “che non si sa dove stia andando” - mons. Josè Rodriguez Carballo ha indicato cinque piste illustrate a partire dalla "Evangelii Gaudium": essere portatori di gioia che nasce dal sentirsi amati; svegliare il mondo con la profezia; vivere la comunione; leggere la vita consacrata in uscita verso le periferie esistenziali e del pensiero; creare cultura dialogando senza complessi, interrogandosi su quanto Dio vuole da ciascuno. Il presule ha poi illustrato ai 300 religiosi presenti le linee emerse dalla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, ovvero formazione più incisiva e da rinnovare curando la formazione dei formatori e quella permanente. “Camminate verso la missione multiculturale - ha concluso mons.Carballo - vera ricchezza che richiede molto lavoro di chi viene e chi accoglie, ma che aiuta a riscoprire quella spiritualità itinerante che crea comunione con l’altro".








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