2014-12-08 09:18:00

Australia. Chiesa: detenzione immigrati nei campi è inumana


L’Australia negli ultimi mesi sta adottando una politica migratoria dal carattere restrittivo. Ciò riguarda anche i richiedenti asilo i quali, nel caso trovino rifugio nel Paese, sono relegati dalle autorità in centri di detenzione isolati come quello dell’isola di Manus in Papua Nuova Guinea. Qualche giorno fa, proprio i migranti trattenuti sull’isola avevano scritto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e al "Canadian Immigration Service" invocando un rapido intervento in loro favore. Di questa situazione, Gabriele Beltrami ha parlato con padre Maurizio Pettenà, direttore dell’Ufficio Cattolico australiano per Migranti e Rifugiati:

R. – L’Australia è l’unica nazione che, per quanto riguarda la detenzione, ha in atto una legge di carattere punitivo. Quindi, noi assistiamo a questa situazione inumana, dove abbiamo ragazzi – qualche ragazza, anche – che sono in questi centri di detenzione, campi di detenzione, da cinque, sei, sette, otto anni! Alcune delle caratteristiche più inumane di questi centri di detenzione risiedono nel fatto che siano così remoti dalla società: Christmas Island è a otto ore di volo da Perth… sono praticamente dimenticati! Quindi, è difficile per questi ragazzi avere un sostegno legale ed è molto difficile avere proprio un sostegno umanitario, un sostegno di welfare sociale.

D. – Qual è dunque l’impegno della Chiesa australiana su questo fronte?

R. – In un incontro che io personalmente ho avuto con l’allora ministro dell’Immigrazione, Chris Bowen, avevo detto che era inumano tenere bambini in campi di detenzione. Avevo anche insistito sul fatto che questi bambini condividono la vita, di fatto, con uomini adulti e il fatto che questi non abbiano niente da fare tutto il giorno in un clima atroce è una porta aperta anche a possibili situazioni di abuso. In collaborazione con il Jesuit Refugee’s Service, nel 2010 abbiamo potuto trovare un numero di ex conventi e abbiamo subito comunicato al ministro dell’Immigrazione che in Australia c’erano le strutture, che la Chiesa avrebbe potuto offrire le strutture e che avrebbe potuto offrire anche un sistema di supporto umanitario nel campo. Ci sono alcune organizzazioni che hanno cominciato a metter su queste case e da allora abbiamo incominciato a ricevere ragazzi, in ognuna di queste case. Quello che è stato bello vedere è che questo era un mezzo molto concreto di aiutare questi ragazzi: attuare quello che noi chiamiamo “social cohesion”, perché pur non avendo potuto tirare via la parola “detenzione” per ragioni politiche, però, di fatto, erano case in cui i ragazzi potevano muoversi liberamente, potevano andare a scuola… Oppure, abbiamo organizzato – insieme ad alcuni volontari – dei corsi di inglese, poi con i gruppi giovanili parrocchiali abbiamo avuto il permesso di portare fuori questi ragazzi a fare una partita di pallone, una partita di rugby, al shopping centre, al cinema e metterli in contatto con altre famiglie dei loro gruppi etnici in modo tale che quando avessero eventualmente ricevuto un visto permanente – che tutti hanno ricevuto – avessero già un cammino avviato per l’inserimento nella società. Purtroppo, con l’avvento del nuovo governo e le linee punitive del ministro che abbiamo adesso, tutte queste cose – che erano molto umanitarie e, per quanto riguarda la Chiesa, erano basate sia sul dettato del Vangelo sia sulla Dottrina sociale della Chiesa – si sono fermate. Quindi, tutto quello che noi stiamo vedendo adesso è una escalation di una politica solamente punitiva. Uno dei punti forti dell’attuale ministro è che da quando c’è questa legge punitiva, di fatto non ci sono più sbarchi, ed è vero. Dal punto di vista della Chiesa cattolica noi diciamo: non abbiamo fermato gli sbarchi, abbiamo fermato le persone che su quelle imbarcazioni cercavano un futuro di sicurezza. Uno dei punti su cui insistiamo fortemente è l’introduzione dei visti umanitari. Noi abbiamo visto tagliare i visti umanitari consistentemente, anno dopo anno, riducendoli dai 30 mila che avevamo concordato con il governo precedente ai 13 mila concessi dall’attuale governo. L’altro canale su cui la Chiesa sta insistendo, specialmente per quanto riguarda la Siria, è che si metta in atto un programma di solidarietà ad hoc. Ci auguriamo che questa situazione non duri per sempre. Stiamo approntando un programma di negoziati con il governo perché si apra una possibilità di visti di solidarietà.








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