2014-12-06 13:50:00

Card. Parolin: la diplomazia vaticana costruisce ponti


Chiesa, diplomazia e media possono contribuire alla pace e al dialogo tra i popoli. E’quanto emerso ieri a Roma in un incontro promosso dal sito della Stampa, “Vatican Insider” per l’inaugurazione delle sezioni in arabo e in cinese. Le nuove pagine web sono state presentate nel pomeriggio anche a Papa Francesco, che in un breve incontro a Santa Marta con il direttore Mario Calabresi, ha parlato dei “peccati capitali” dell’informazione: “sensazionalismo, diffamazione e calunnia”. Il servizio di Michele Raviart:

“La diplomazia e l’informazione condividono lo sguardo attento e partecipe rivolto alla condizione del mondo, alle vicende dei popoli e delle nazioni”, dice il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. In particolare, chi si occupa di raccontare la Santa Sede è per sua natura portato a cercare di comprendere quello che succede nel mondo:

"La Chiesa non è una specie di mondo parallelo. L’orizzonte della sua missione è il mondo. Forse per questo, chi per lavoro segue e racconta le vicende della Chiesa e delle comunità cristiane finisce spesso per avere punti di interesse comune con gli ambasciatori e con chi lavora nel campo della diplomazia".

Oggi l’informazione è immediata, grazie alle nuove tecnologie, ma i valori della diplomazia sono quelli del tempo e della pazienza, necessari per costruire il dialogo. E questo è tanto più vero per la specificità della diplomazia della Santa Sede, che è la mediazione senza interessi particolari. Ancora il cardinale Parolin:

"Gli obiettivi propri della diplomazia pontificia consistono nel costruire ponti, sostenere sempre il negoziato e il dialogo come mezzo di soluzione dei conflitti, promuovere la pace e lottare contro la povertà. Non esistono altri interessi e strategie del Papa e dei suoi collaboratori quando agiscono sulla scena internazionale".

Nel mondo c’è una “guerra mondiale combattuta a pezzi”, secondo l’espressione di Papa Francesco, che coinvolge spesso le comunità cristiane. E l’identità religiosa viene spesso usata per infiammare gli animi e nascondere interessi materiali e di potere. Ecco perché trasmettere correttamente il messaggio religioso, anche in contesti difficili come il mondo arabo e cinese, è per sua stessa natura un contributo alla pace. Andrea Tornielli, coordinatore di “Vatican Insider”:

"Spesso e volentieri, in tanti Paesi e in tanti contesti certi messaggi arrivano in maniera distorta: arrivano attraverso pre-comprensioni che talvolta sono ideologiche. Credo che la grande forza del messaggio della Chiesa sia quella di riuscire a farlo arrivare così come è, destrutturato da contesti magari legati alle situazioni europee occidentali, contesti politici… Questa è una grande forza, perché magari gli utenti scoprono che il messaggio non era esattamente quello che immaginavano. Dunque, da questo punto di vista credo ci sia un grande lavoro da fare e anche una grandissima responsabilità per gli operatori della comunicazione".

La comunicazione religiosa è poi “cronaca e commento di fatti umani che toccano potenzialmente tutti”, spiega padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica”, e non può essere ridotta a un “vaticanismo” che sfocia in un“vaticinismo”, fatto di predizioni e dietrologie. Il messaggio deve essere diretto, come dirette sono le parole del Papa. Padre Antonio Spadaro:

"Papa Francesco non ha bisogno di ermeneuti o di scribi che sminuzzino il suo messaggio in modo che sia inteso. La comunicazione religiosa che parli di Vaticano o di Santa Sede – del Papa in modo particolare – oggi deve essere una comunicazione che accompagna il messaggio, non che lo media. In fondo, la peculiarità del messaggio di Francesco è che questo arriva nel momento in cui parte. La logica di un’informazione religiosa che vuole essere un’ermeneutica del discorso ricchissimo del Santo Padre, oggi, secondo me, non funziona più":

La sfida, conclude il cardinale Parolin, è quella di “provare a raccontare la Chiesa senza descriverla come una specie di marchingegno programmato o come una sequenza di opreazioni umane, da giudicare come buone o sbagliate a seconda dei pregiudizi”, con l’auspicio rivolto ai giornalisti di “restare stupiti da quello che incontrerete camminando e di condividere con gli altri il vostro stupore”.








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