2014-12-05 12:24:00

Hong Kong: la protesta cerca forme alternative


Cambia volto la protesta a Hong Kong, dopo due mesi di manifestazioni. Uno dei fondatori del movimento pro-democrazia, Benny Tai, ha dichiarato al New York Times che proseguire i sit in nelle strade è diventato "ad alto rischio" e ha invitato i manifestanti a trovare forme alternative di disobbedienza civile. L’obiettivo è assicurare meccanismi veramente democratici per l’elezione del capo di governo nel 2017. La Cina ha accettato il principio del suffragio universale ma pretende che i candidati ricevano l'avallo preventivo di Pechino. Fausta Speranza ha parlato delle possibili evoluzioni della protesta, che va avanti da due mesi, con l’analista di Limes Dario Fabbri:

R. - La protesta ad Hong Kong ha raggiunto una sorta di punto di non ritorno ed è un punto di non ritorno probabilmente verso l’irrilevanza, perché ormai da settimane – e lo dicono a questo punto anche gli organizzatori e gli stessi fondatori – la protesta sembra aver raggiunto un vicolo cieco: da una parte c’è la popolazione locale, quindi gli abitanti di Hong Kong, che in grande maggioranza – almeno questo dicono i sondaggi, oltre il 60 per cento – vogliono il ritorno alla normalità e quindi il ritorno alla tranquillità e le strade libere dai manifestanti; dall’altra c’è il governo di Pechino che vuole metter fine alle manifestazioni; ed ancora – in un altro senso – l’ultimo interlocutore è il governo locale di Hong Kong, che sebbene indebolito da quanto accaduto, è rimasto fermo sulle proprie posizioni in questa fase, anche in seguito ad alcune ingiunzioni emesse da corti giudiziarie locali, e si dimostra pronto a sgomberare quelli che sono gli ultimi focolai di protesta.

D. - Finora abbiamo avuto un esempio impeccabile di protesta democratica: c’è il rischio di degenerazioni, perché nei giorni scorsi si sono registrati i primi scontri con la Polizia, che ha fermato violentemente il tentativo di alcuni giovani di penetrare nelle sedi del potere istituzionale?

R. – Ci potrebbero essere… Nel momento in cui una manifestazione di qualsiasi tipo raggiunge una fase di disperazione, a volte gli stessi organizzatori non riescono più a controllare tutte le frange che la compongono. Quindi ci potrebbero essere delle iniziative, anche unilaterali piuttosto che indipendenti dall’organizzazione stessa, che poi porterebbero a degli scontri ulteriori di tipo violento. Oserei dire che in questa fase – se ci saranno – non rappresenteranno una drammatizzazione ulteriore della protesta, quanto invece dei focolai di disperazione.

D. – La  Cina ha accettato il principio di suffragio universale, ma continua a gestire la protesta dietro le quinte…

R. – Pechino – quindi il governo centrale – è il grande vincitore di tutta questa storia, perché ha mantenuto una straordinaria lucidità in tutte queste settimane: il governo centrale non si è lasciato andare, per esempio, alla repressione totale dei manifestanti che – come dicevamo – sono stati molto composti, soprattutto nella fase iniziale delle manifestazioni. Il governo di Pechino è rimasto lucido e ha lasciato almeno come facciata, almeno come immagine, lo spazio e l’iniziativa al governo di Hong Kong: quindi nel caso in cui la situazione fosse degenerata, le colpe sarebbero ricadute soprattutto su Hong Kong. Si è limitata invece a gestire la situazione dietro le quinte. Non solo: l’atteggiamento che il governo di Pechino ha avuto sull’opinione pubblica generale della Repubblica Popolare - quindi non solo di Hong Kong, ma soprattutto del resto del Paese – è stato straordinario come efficacia. Se all’inizio su tutti i social network, sul web venivano censurate le immagini e le notizie riguardanti la protesta, ormai da più di un mese la protesta ha invece grande spazio sui siti di informazione cinese. Perché? Perché viene dipinta in maniera estremamente negativa ad una popolazione, come quella cinese, che è abituata all’ordine, è abituata alla normalità e la considera comunque un valore: vengono invece presentati manifestanti scalmanati, molto più di quanto in realtà non siano, ma questo è secondario; vengono presentati come una specie di delinquenti, che stanno distruggendo l’ordine ad Hong Kong. Un piccolo particolare per concludere: quando ieri i tre fondatori del movimento si sono presentati al commissariato di Polizia per consegnarsi alle autorità, fuori ad attenderli c’era un gruppo di manifestanti a loro favore che chiedevano la democrazia, ma ce ne era uno altrettanto cospicuo che invece chiedeva alla Polizia di arrestarli.








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