2014-12-04 15:31:00

Convegno a Roma Tre su "Religioni e conflitti"


“Religioni e conflitti: conoscere la divisione per progettare l’incontro in un mondo in guerra nel nome di Dio”, è il tema del Convegno nazionale  in corso fino a domani presso l’Università ‘Roma Tre’, organizzato, tra gli altri, dall’Accademia di Scienze Umane e Sociali di Roma. La riflessione è dedicata alle possibili soluzioni dei conflitti religiosi che insanguinano il pianeta e al contributo che le diverse religioni possono offrire al dialogo e alla pace. Vi partecipano docenti universitari ed esperti di teologia, scienze politiche, relazioni internazionali, filosofia della religione e antropologia filosofica, oltre alle testimonianze di esponenti di associazioni e movimenti espressione delle diverse fedi ma accomunati dall’impegno per la promozione del dialogo interreligioso. Luca Collodi ne ha parlato con il filosofo Gaspare Mura, presidente dell’Accademia di Scienze Umane e Sociali di Roma:

R. – Vorrei subito precisare che questo convegno nasce dalla sofferenza di molte persone di cultura, credenti, sia cattoliche sia ebree e islamiche, le quali soffrono interiormente il fatto che non si possa dire con chiarezza che uccidere in nome di Dio è la più grande bestemmia. Cioè, le religioni non hanno niente a che vedere con la violenza, con il terrorismo.

D. – Di fatto, nel mondo, il fondamentalismo oggi è una realtà …

R. – E’ una delle tare, e si riflette – appunto – su come il fondamentalismo, anche cristiano, debba essere adesso rivisto: non soltanto il fondamentalismo islamico. Perché il fondamentalismo fa parte di un atteggiamento deviato dell’interpretazione della propria fede religiosa; in particolare, se c’è una religione non fondamentalista, quella dovrebbe essere proprio il cristianesimo. Il messaggio di Gesù – come ha detto più volte Papa Francesco – è il messaggio che va incontro all’altro perché parte dalla convinzione che l’altro sia in un certo senso me stesso.

D. – Come si può tutelare una identità, dei valori che compongono una religione?

R. – Il riconoscimento dell’altro non significa annacquare i miei valori, ma riconoscere i valori dell’altro mantenendo la propria identità. Un dialogo che non parta dall’etica del riconoscimento, è un dialogo che non ha senso. Può scadere o in un dialogo relativista, per cui si mettono da parte i valori per avere un incontro puramente relazionale, di tipo antropologico, oppure si rischia lo scontro perché si affermano in modo violento i valori. Ecco: la grande parola che in fondo dovrebbe accomunare le esperienze religiose è questa ricerca della Verità: quello che dice la Dignitatis Humanae del Concilio Vaticano II. E’ proprio perché la Chiesa riconosce che il bisogno di Verità – e di Verità religiosa – appartiene a tutti gli uomini, riconosce il diritto di tutti a camminare nella propria strada, verso la Verità. Ma la Verità è una.

D. – Il fondamentalismo è sempre riferito, poi, alla gestione politica di una realtà. La laicità, in questo caso, può recuperare valori positivi per sconfiggere il fondamentalismo religioso?

R. – Certamente. E abbiamo sempre sottolineato il fatto, molto approfondito da Papa Benedetto XVI, che anche per noi è necessario, per evitare il fondamentalismo, sia che la ragione moderna, laicista, secolarista, atea, non credente, prenda consapevolezza delle proprie patologie; ma che anche le religioni prendano consapevolezza delle proprie patologie. Cioè, il dialogo, oggi, oltre che sull’etica del riconoscimento, dev’essere fatto – come ha detto Ratzinger in quel bellissimo colloquio con Habermas, il grande filosofo tedesco – riconoscendo anche le patologie della religione. Tra queste c’è il fondamentalismo. Per questo, una delle vie è fare incontrare persone di fedi diverse, che siano credenti educandole, allo stesso tempo, al rispetto. Il fondamentalismo è legato anche al fatto che l’eccessivo squilibrio tra ricchi e poveri, prodotto dalla globalizzazione, produca – questa è la tesi di Papa Francesco, che ha espresso adesso in Turchia – la ribellione dei popoli che si appoggiano alla religione per riaffermare la propria […]. Moltissimi valori laici, portati oggi dalla globalizzazione, sarebbero preziosi se fossero assorbiti anche dal mondo islamico: la giustizia, il diritto della persona umana, i diritti della donna, la libertà religiosa – ecco la Dignitatis Humanae – la libertà della ricerca … Ci sono tanti valori che la globalizzazione diffonde e dissemina nel mondo, che sono preziosi.








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