2014-12-02 17:17:00

P.Bernard Kinvi, testimone di giustizia e pace in Centrafrica


Incontro ieri sera a Roma con il padre camilliano Bernard Kinvi, originario del Togo, dal 2008 nella Repubblica Centrafricana. Direttore dell’ospedale Giovanni Paolo II a Bossemptélé,  padre Bernard è stato premiato da Human Rights Watch con il prestigioso riconoscimento “Alison Des Forges Award” per aver salvato diverse centinaia di profughi in fuga dalle violenze tra fazioni rivali iniziate nel Paese nel dicembre 2012. Padre Bernard è a Roma dopo essere stato a Londra, Ginevra e Parigi per testimoniare l’amore e il rispetto dovuti ad ogni vita umana. Moderatore dell’incontro è stato il padre Efisio Locci, presidente della ONG “Salute e Sviluppo” che sostiene l’ospedale di Bossemptélé. Adriana Masotti lo ha intervistato: 

 

R. – Bossemptélé conta circa 11.000-12.000 abitanti ed è una cittadina molto povera: tutti gli abitanti abitano in una capanna. I soli edifici fabbricati come li pensiamo noi sono la chiesa, l’ospedale e il convento delle suore carmelitane. In questa località, padre Bernard con padre Brisse e padre Ippolito hanno incominciato l’attività di servizio ai malati. In questo periodo di guerra naturalmente l’ospedale è diventato un centro di rifugio per tutte le persone, sia cristiani sia musulmani.

D. – Quindi ha dovuto far fronte ad una situazione doppiamente critica: oltre alla povertà, anche la violenza…

R. – All’inizio, scappavano i cristiani perché prevalentemente erano i musulmani che hanno innescato la guerra e dove scappavano? Scappavano nella foresta o nei posti che credevano sicuri, e uno dei posti che credevano sicuri erano certamente l’ospedale, il convento delle suore e la scuola dei religiosi. Allora, all’inizio erano i cristiani che scappavano dall’invasione di questi eserciti organizzati da musulmani; invece, poi, si sono organizzati anche i cristiani e allora hanno incominciato a scappare i musulmani. All’ospedale arrivavano sia gli uni sia gli altri. Quando i nostri curavano i cristiani, si lamentavano i musulmani, quando invece hanno accolto anche i musulmani, allora c’erano questi anti-Balaka che facevano pressioni. Quindi, è stata una situazione molto, molto critica.

D. – Penso che padre Bernard abbia mediato, che sia riuscito a risolvere la questione, o almeno a farvi fronte …

R. – Certamente, sia padre Bernard sia padre Brisse, che è proprio centrafricano, hanno cercato di sedare gli animi e le contese. Ma non è mica stato così facile! Di fatti, anche padre Bernard, per esempio, è dovuto scappare perché altrimenti lo uccidevano! Sono riusciti, nonostante tutto, a far partire con convogli sicuri tutti i gruppi di musulmani che avevano accolto, in modo che si potessero salvare. E quando Human Rights Watch è andata in ospedale, si è meravigliata perché accoglievano insieme sia cristiani sia musulmani, senza nessun problema. Proprio perché ha salvato questi gruppi di musulmani, è stato premiato con questo Premio, che è un premio per la giustizia e per la pace.

D. – Lei è il presidente della Ong “Salute e sviluppo” che sostiene l’ospedale in cui ha lavorato padre Bernard, e ha anche altri progetti, sempre a favore dei bambini e delle donne …

R. – “Salute e sviluppo” ha progetti in molti Paesi, in Africa, in Asia, in Cina, in America Latina. In Centrafrica in questo momento, noi siamo praticamente gli unici che abbiamo potuto sostenere questa missione tramite i progetti che sono stati finanziati da diversi benefattori. In questo momento stiamo costruendo la casa per il medico e per i volontari. Il 1° febbraio partirà l’altro progetto per la costruzione della chirurgia dell’ospedale.

D. – Padre Bernard tornerà al suo ospedale?

R. – Certamente. A metà gennaio tonerà e riprenderà il lavoro in Centrafrica.








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