2014-12-02 08:04:00

Kenya, strage degli al Shabaab. Chiesa: è disastro nazionale


I miliziani somali di al Shabaab hanno rivendicato l'attacco della notte scorsa nel nordest del Kenya, dove hanno ucciso almeno 36 lavoratori di una cava e hanno "promesso" nuovi attentati. Nella stessa area, ieri un episodio analogo ha provocato un morto e 12 feriti. Anche in questo caso le vittime non erano di fede musulmana. I vescovi locali esortano il governo a dichiarare tale stato di insicurezza come un “disastro nazionale”. Il servizio di Paolo Ondarza:

La rivendicazione degli al Shabaab è arrivata insieme alla promessa di proseguire in una lotta “senza quartiere, incessante e spietata” nel Paese del Corno d'Africa. I mujaheddin parlano di “quasi 40 crociati keniani andati incontro alla loro fine”. La strage avvenuta a 15 km da Mandera, al confine con la Somalia, ha visto l’irruzione dei miliziani nelle tende in cui i lavoratori stavano dormendo: qui la selezione dei non musulmani, poi giustiziati con un colpo alla testa e, alcuni di loro, decapitati. All’appello mancano altri operai, si teme siano stati rapiti. Sempre a Mandera, il mese scorso gli islamisti avevano tolto la vita a 28 persone a bordo di un autobus, sparando a sangue freddo su coloro che non erano in grado di recitare un versetto del Corano. La Chiesa del Kenya chiede al governo di dichiarare “un disastro nazionale” lo stato di insicurezza nelle aree calde e di regolare la vendita di munizioni ai comuni cittadini. I vescovi esortano il governo a posizionare strategicamente le forze speciali militari presso i punti di frontiera, per arginare il flusso di miliziani e chiedono, come misura temporanea, il ritiro di lavoratori dal nordest del Kenya per salvaguardare la loro vita. Esprime preoccupazione padre Paolo Latorre, missionario comboniano da 10 anni nel Paese:

R. – Questi attacchi disorientano moltissimo l’opinione pubblica, disorientano moltissimo anche quella che è la nostra presenza di missionari. Tutto quello che infatti in questo momento non si dovrebbe fare, per il bene di questa gente, è proprio una guerra religiosa. Questo non gioverebbe a nessuno e si manderebbero all’aria anni di lavoro fatti in questo senso.

D. – Qual è lo scopo dei miliziani di al Shabaab?

R. – Lo scopo è di destabilizzare. Quella zona, infatti, è una zona dove si sono prospettate delle grandi trasformazioni riguardo alle infrastrutture: un porto, estrazioni di petrolio… Quindi, si vuole creare molta instabilità.

D. – E’ un luogo strategico, potremmo dire…

R. – C’è il petrolio, un oleodotto... Alcuni capi della religione islamica si stanno dissociando e per fortuna, anche se deboli, ci sono queste dichiarazioni.

D. – I vescovi, attraverso la Commissione Giustizia e pace, hanno chiesto al governo di dichiarare come disastro nazionale lo stato di insicurezza in cui si trova a vivere il Kenya e hanno rivolto un appello a regolare la vendita di munizioni ai comuni cittadini. E’ anche questa diffusione delle armi incontrollata che alimenta tutto ciò?

R. – Sì, perché si verifica una lotta di tutti contro tutti. Qui, diciamo, deve lavorare molto la diplomazia internazionale e bisogna anche lavorare molto nell’essere più presenti in queste zone, non con lo scopo di sfruttarle o di fare i propri interessi. Perché se qui si scatena il sentimento religioso o il tribalismo, che in Kenya è molto presente, tutto si complica.

D. – La Chiesa cosa fa in questo momento?  

R. – La nostra presenza, il nostro scopo, è quello di portare la promozione umana, lo sviluppo insieme alla fede, al messaggio di pace della nostra Chiesa, del Vangelo. In questo momento, si riscontra un disorientamento della gente, che è veramente frustrata e allo sbaraglio. 








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