2014-11-29 14:27:00

Thailandia. Primo "sì" a legge che vieta utero in affitto


Ha commosso la Thailandia e il mondo intero la vicenda del bimbo nato con la sindrome di Down, rifiutato dalla coppia australiana dopo essere stato partorito da una madre thailandese surrogata. Ma Bangkok ora pone fine al fenomeno del cosiddetto “utero in affitto”. Il parlamento ha espresso il primo “sì” alla bozza di legge che vieta e punisce le gravidanze surrogate. Sui motivi della decisione, Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente a Bangkok Stefano Vecchia:

R. – Sostanzialmente, è la crescita esponenziale di un fenomeno nell’ultimo decennio, per nulla regolato dal punto di vista legale: tollerato un po’ per ragioni culturali, un po’ per la tradizionale tolleranza thailandese però, appunto, non regolato e con una serie di problemi che cominciavano a emergere in modo molto chiaro. A incrementare questo fenomeno hanno contribuito molti fattori: i costi relativamente elevati per la clientela occidentale o asiatica benestante, ampia disponibilità di donne pronte a una gravidanza per conto terzi,  in parte anche questo frutto di traffici di esseri umani, di cui purtroppo la Thailandia è al centro. E poi il “turismo medicale”, quindi strutture buone – anche quelle non legali e non pubbliche – e facilmente accessibili.

D. - Questa decisione in qualche modo è legata anche a una coscienza sul fatto che la gravidanza, la nascita, deve essere un qualcosa di naturale?

R. – Diciamo che nel caso thailandese questa riflessione è sempre stata presente e a maggior ragione nella piccola comunità cristiana. Però, dal punto di vista morale il problema non è mai emerso in modo rilevante. Il problema è che questo fenomeno è cresciuto a tal punto e soprattutto a livello internazionale e ha creato veramente tanti problemi in questi ultimi tempi da costringere il governo a intervenire, anche a fronte delle pressioni internazionali.

D. – Legata a questa decisione c’è sicuramente la vicenda del bambino down, rifiutato dalla coppia australiana che lo aveva “commissionato”. Com’è stata vista questa vicenda in Thailandia?

R. – Ha suscitato molto scalpore e molta indignazione. Certamente ha costituito un po’ uno spartiacque e ha portato a conoscenza anche del grande pubblico il fenomeno. Accanto a questo, c’è un altro grave fatto che è emerso: quello di tutelare i bambini che sono nati e che dovranno ancora nascere. In questo momento, non c’è una legge che li tuteli e, allo stesso tempo, la surrogata è già in qualche modo bloccata, con il rischio che centinaia di coppie, che attendono un figlio che dovrà nascere o che è già nato con questo sistema, rischino di non poterlo avere.








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