2014-11-29 15:09:00

Francesco nella Moschea Blu. Lombardi: dialogo con islam avanza


Nella sua seconda giornata in Turchia, il Papa si è trasferito da Ankara ad Istanbul. Qui, la prima tappa è stata la visita alla Moschea Blu. Ce ne parla il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente da Sergio Centofanti:

R. – Una visita interessante non solo dal punto di vista culturale, ma anche dal punto di vista spirituale. Il Gran Muftì, davanti alla nicchia della preghiera, davanti al Mihrab, ha spiegato al Papa dei versetti del Corano, da cui è tratta la definizione di questo luogo per la preghiera: sono versetti che trattano la vicenda di Zaccaria e della concezione di Giovanni il Battista e di Maria, secondo la tradizione che ne hanno i musulmani. E poi c’è stato questo momento silenzioso, di raccoglimento, in cui il Papa per alcuni minuti è rimasto silenzioso. Io definirei questo momento di “adorazione silenziosa”, proprio perché nel colloquio con il Muftì il Papa – due volte – ha insistito sul concetto di adorazione di Dio che, sia i musulmani sia i cristiani, devono esercitare. “Non solo lodare e glorificare, ma anche adorare”, ha detto il Papa. E quindi io ritengo che nel momento del silenzio, in questo luogo religioso, il Papa abbia compiuto una silenziosa adorazione di Dio Assoluto e del suo mistero. Poi, oltre alla visita alla Moschea Blu, che mi sembra essere un po’ il culmine della dimensione interreligiosa di questo viaggio, il Papa si è spostato a Santa Sofia, la famosa Basilica di Giustiniano che è un monumento architettonico impressionante, uno dei più straordinari della storia dell’umanità e per noi – naturalmente – evoca una grande Basilica dedicata alla sapienza di Dio, cioè a Cristo. Questo straordinario monumento, che è stato Basilica al tempo degli imperatori cristiani di Oriente, fino alla caduta di Costantinopoli, poi è diventata Moschea e ora è – dai tempi di Atatürk – un museo: quindi non ha una funzione religiosa, ma naturalmente tutto in questa straordinaria costruzione evoca la grandezza della spiritualità orientale e la grandezza del mistero di Dio. Il Papa ha visitato con attenzione, guidato dai responsabili del luogo, le diverse parti della Basilica: il luogo dove venivano incoronati gli imperatori romani di Oriente, la grande immagine di Maria che sta nell’abside di fondo… E poi ha messo una sua dedica sul Libro d’Oro e ha scritto in caratteri greci: “Αγία Σοφία του Θεού. La Santa Sapienza di Dio”, che è appunto il nome della dedica della Basilica alla Sapienza di Dio. Poi dopo questo altro momento particolarmente intenso, il Papa si è recato alla delegazione apostolica, vicino alla cattedrale, e lì – nel cortile – ha incontrato un bel gruppetto di cattolici appartenenti alle diverse comunità dei diversi riti che costituiscono la comunità cattolica qui di Istanbul. Un momento festoso: naturalmente tutti volevano stringergli la mano, essere salutati da lui, fare le fotografie con lui… Mons. Franceschini, che è il presidente della Conferenza episcopale, ha fatto un breve saluto. Un momento comunque molto cordiale, in cui il Papa ha finalmente incontrato un piccolo gregge cattolico in terra turca.

D. – Qual è il significato per questa piccola comunità cattolica l’incontro con Papa Francesco?

R. – Certamente è un grande conforto che il Papa venga in questa terra dove i cattolici sono molto pochi: è un’occasione considerata straordinaria, eccezionale per loro di vedere il capo della comunità della Chiesa universale e anche un’occasione per trovarsi insieme, per i cattolici dei diversi riti. Cosa che non è assolutamente – diciamo - scontata e facilissima: credo che uno dei messaggi che il Papa dà in queste occasioni, quando viene a visitare i cattolici in Oriente, è anche quello dell’unione, della buona collaborazione fra i cattolici dei diversi riti, che in Oriente sono molteplici. Qui abbiano non solo i latini, ma anche i copti, i siri e gli armeni: sono quindi quattro comunità che devono, in qualche modo, costituire insieme una comunità più grande. E certamente quando li abbiamo visti, tutti festosi intorno al Papa, abbiamo visto che Pietro è segno di unità nella Chiesa cattolica.

D. – In serata comincia la parte ecumenica del viaggio: i rapporti con gli ortodossi sono molto buoni …

R. – Oh sì! Il Patriarca Bartolomeo era già presente questa mattina all’aeroporto, ad Istanbul, per accogliere il Papa sin dal primo momento in cui metteva piede in questa città. Il Patriarca sa molto bene che la visita per la festa di Sant’Andrea al Patriarcato e l’incontro con lui rappresentano uno dei motivi determinanti di questa decisione del Papa di venire in terra turca. Quindi ne è molto grato, perché è un grande sostegno per il Patriarcato, per gli ortodossi nel loro vivere anche in questa terra, che non è facile neppure per loro; ma anche un grande incoraggiamento nel cammino verso l’unità, nell’ecumenismo, in cui anche essi sono impegnati come i cattolici. E’ un continuare una bellissima relazione di amicizia fraterna tra Papa Francesco e Bartolomeo, che già era iniziata con il Papa Benedetto naturalmente, ma che ora ha una linfa nuova. Con questo sono già quattro volte che hanno avuto incontri molto significativi. Il che vuol dire che il dialogo fra i due leader più importanti dell’ortodossia e del cattolicesimo è molto intenso e questo fa bene sperare per la causa dell’ecumenismo in tutto il mondo.

D. – Un breve commento sulla giornata di ieri…

R. – Certamente era un po’ l’incontro con un grande Paese non cristiano fondamentale, com’è la Turchia, e con la situazione nel Medio Oriente di oggi. Il Papa ha espresso la sua stima per questo popolo e anche per l’importanza che ha tra Oriente e Occidente, tra Asia ed Europa, adesso nelle situazioni dei conflitti che ci sono in questa regione e per l’accoglienza dei rifugiati. Quindi un discorso di incontro con un popolo che vive un tempo delicato anche di questa storia, in uno scenario quanto mai complesso e travagliato. E poi c’è stata la dimensione – direi – molto avvincente del dialogo con l’islam alla Diyanet, al Dipartimento per gli affari religiosi. Un incontro cordiale e anche una consapevolezza che il momento attuale è un momento particolarmente cruciale anche per l’islam mondiale, con i suoi conflitti interni, con i suoi problemi per far fronte al terrorismo e al fondamentalismo. Quindi i problemi che si sono vissuti ieri mi sembravano non solo quelli del rapporto tra islam e cristiani o le difficoltà che i cristiani hanno in terre a maggioranza musulmana, ma un condividere una situazione di necessità, di impegno dei veri credenti, - dei religiosi e dei credenti in Dio - per la pace, per il superamento dei fondamentalismi, del terrorismo, degli odi, dei conflitti, in questo mondo in cui viviamo oggi. Mi sembra che tra il Papa e il presidente della Diyanet si sia stabilito un sentire profondo di consapevolezza della larghezza degli orizzonti, in cui bisogna mettere oggi il dialogo interreligioso per il bene dell’umanità. Non solo guardare agli orribili conflitti, agli orribili problemi che ci sono in diverse parti e che vanno certamente condannati, medicati, superati, ma anche guardare alla prospettiva delle grandi fedi religiose nel mondo globalizzato. Mi pareva che ci fosse una sensibilità comune sulla necessità di un nuovo impegno nel dialogo interreligioso: il Papa lo ha detto in una piccolissima glossa durante il suo discorso: “bisogna trovare forme nuove, anche con coraggio e creativa, per il dialogo interreligioso nel mondo di oggi”. Quindi, a me sembra che si sia fatto un passo di sensibilità comune e di approfondimento del significato del dialogo interreligioso islamo-cristiano, che poi nella visita alla Moschea di oggi ha trovato anche il suo gesto di espressione.

D. – Sono giorni piuttosto intensi: c’è stato il viaggio a Strasburgo; il giorno prima della partenza per la Turchia, il Papa ha fatto ben quattro discorsi, compresa l’omelia… Come sta il Papa?

R. – Il Papa sta bene, perché tenendo conto di questa attività incredibile dobbiamo dire che la porta molto bene, con serenità, con naturalezza. Lo si vede gioioso, lo si vede sorridente in tanti momenti… Quindi c’è una stanchezza naturale al termine di giornate così intense, ma mi pare che possiamo ringraziare il cielo che il Signore lo assiste e lo tiene in forze per un ministero così intenso.








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