2014-11-27 16:45:00

Centrafrica: mediazione di S.Egidio nel rilascio di 16 ostaggi


L’esercito camerunese ha liberato 16 ostaggi nelle mani del gruppo ribelle centrafricano del Fronte Democratico. Tra gli ostaggi, il missionario polacco, Mateusz Dziedzic, rapito lo scorso ottobre. Soddisfazione per la felice conclusione della vicenda è stata espressa dalla Comunità di Sant'Egidio, che fin dall'inizio del rapimento ha seguito le trattative. Giancarlo La Vella ne ha parlato con don Angelo Romano, addetto alle Relazioni Internazionali della Comunità:

R. – Il ruolo della Comunità di Sant’Egidio è stato di seguire passo passo tutte le fasi della trattativa. Dopo il rapimento, una delegazione della Comunità si è recata in Centrafrica nella zona di frontiera dove sarebbe stato possibile comunicare con questo gruppo di ribelli. Così, questa delegazione ha facilitato i contatti tra questo gruppo ribelle e il governo camerunese, perché c’è una serie di richieste, soprattutto di tipo politico. Nel senso che questo gruppo ribelle, nel quadro centrafricano, è un po’ una frangia dimenticata del mosaico di gruppi armati che purtroppo compongono il quadro del Centrafrica oggi. Mentre altri gruppi armati centrafricani sono ormai connessi, in un modo o nell’altro, al quadro istituzionale, questo gruppo, che pure ha una lunga storia, è rimasto completamene dimenticato. E purtroppo a Sant’Egidio abbiamo una certa esperienza del fatto che i conflitti dimenticati prima o poi riemergono. E questo è riemerso con il rapimento di diversi cittadini camerunesi e di molti altri cittadini centrafricani.

D. – Un esempio, questo, di come sia possibile un dialogo anche con chi sceglie la via del confronto bellico …

R. – Sì: Sant’Egido è particolarmente presente nel dialogo per la pace in Centrafrica. Abbiamo iniziato a lavorare su questo quando il Centrafrica non era neanche sulle prime pagine dei giornali, perché crediamo che il Centrafrica sia un Paese molto importante proprio per la sua coabitazione tra cristiani e musulmani, coabitazione che è stata messa in pericolo da una logica di guerra, da una logica di scontro … Recentemente abbiamo facilitato l’organizzazione di un incontro di una grossa delegazione di musulmani centrafricani qui, a Roma, incontro che ha avuto come effetto il miglioramento delle relazioni della comunità islamica di Bangui con la Chiesa cattolica e con le alte Chiese cristiane. Una delegazione di questa comunità islamica di Bangui sta partecipando a un incontro organizzato dalla Muhammaddiyah, un’organizzazione islamica indonesiana con cui Sant’Egidio collabora e che tra l’altro ha coinvolto la Comunità di Sant’Egidio nel processo di pace di Mindanao. Il problema è creare reti di collaborazione e di sinergie positive.

D. – Qual è la situazione della popolazione, dopo tanti mesi di conflitto?

R. – C’è un progresso grazie all’intervento delle Nazioni Unite, che finalmente e lentamente sta riprendendo il controllo di tutto il territorio nazionale, cosa estremamente importante; c’è un miglioramento della situazione ma rimane il fatto di un Paese che ha bisogno di ricostruire i fondamenti dello Stato. Quindi, c’è ancora insicurezza, ci sono ancora problemi, come è evidente anche dalla storia di padre Mateus. Il lavoro della Chiesa centrafricana è estremamente importante: ricordiamo che proprio l’arcivescovo di Bangui è tra i promotori del dialogo interreligioso e della collaborazione tra le comunità religiose in Centrafrica. A breve, a Sant’Egidio ci sarà un incontro di preparazione di rappresentanti di partiti politici per le prossime elezioni, che crediamo siano un passo importante non solo per l’elezione di un presidente in se stessa, ma per la rifondazione di una base comune di coabitazione per tutti i centrafricani.








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