2014-11-26 15:00:00

Corso Miur. Forum Famiglie: genitori vigilino su chi indottrina figli


Sta facendo discutere il corso di formazione “per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, promosso dall’Unar, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, e dal Ministero dell’Istruzione, che si tiene oggi e domani a Roma. Il servizio di Debora Donnini:

Un corso rivolto ai direttori generali del Ministero dell’Istruzione e ai direttori generali e dirigenti di seconda fascia degli uffici scolastici regionali. Ne avevano chiesto il rinvio i senatori Giovanardi e Sacconi secondo i quali il corso “è egemonizzato dalle associazioni LGBT” che tramite l’Unar ripropongono il tentativo “di trattare questo tema delicato con una visione unilaterale”. A volerne la sospensione, il Forum delle Associazioni familiari. Sentiamo il perché dallo stesso  presidente, Francesco Belletti:

R. - La nostra è una richiesta che si rinnova anche dopo un anno e mezzo. Un’esperienza analoga era accaduta proprio perché questo tipo di riflessione su temi che sono oggettivamente importanti – la prevenzione delle discriminazioni, del bullismo – vengono orientate in modo unilaterale da parte di singoli, associazioni, soprattutto dalla galassia dei movimenti LGBT, che hanno avuto la possibilità di influenzare pesantemente questo tipo di interventi. Il tutto sempre nella totale mancanza di collegamento con tutti gli organismi di rappresentanza dei genitori nella scuola, come se da questa progettazione - che poi va a lavorare sul tema dell’educazione all’affettività e che ha a che fare con temi molto importanti per la complessiva educazione dei figli - potesse essere costruita senza o contro le famiglie. È come se fosse passata la posizione di uno dei tanti soggetti, di una delle tante voci che si affacciano al mondo della scuola. È come se si dicesse: 'Vogliamo passare attraverso il ruolo pubblico della scuola, per dire noi alle famiglie e ai ragazzi ciò che è importante’.

D. - La settimana in corso, che va dal 24 al 30 novembre, è stata proclamata come la “Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione”. Più in generale, molti genitori vogliono essere maggiormente informati e si stanno mobilitando con un modulo per il consenso informato  da inviare ai presidi delle scuole. Nel modulo si cita l’articolo 30 della Costituzione e il 26 comma 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e si chiede, quindi, che la scuola notifichi con congruo anticipo la programmazione di ogni lezione, “riguardante questioni fisiche e morali connesse con  la  sfera affettiva e sessuale” degli allievi. Questo per poter valutare se dare o meno il loro consenso alla partecipazione del figlio a tale attività. Si chiede, inoltre, che nella  notifica  sia descritto  in  modo  completo il  contenuto  dell’attività  didattica in questione e ogni informazione necessaria a identificare gli enti coinvolti nell’organizzazione dell’attività in questione. E infine che in mancanza di tale notifica o in mancanza del consenso scritto, il figlio sia esonerato dal parteciparvi. Qual è il significato di questo modulo?

R. - A me pare che sia il minimo sindacale, come dire, per quello che riguarda le modalità con cui i genitori devono essere coinvolti. Il paradosso è che i genitori sono costretti a questa iniziativa e che ci si sorprenda che i genitori vogliano sapere che cosa viene proposto ai propri figli in termini di percorsi integrativi. E’ chiaro che il programma ministeriale non ha bisogno di autorizzazioni continue da parte dei genitori: si sa dove si mette il proprio figlio nella scuola. Il vero problema è che oggi stanno entrando offerte formative che non hanno niente a che fare con l’alleanza educativa tra famiglia e scuola. Quindi la sorpresa è che ci si sorprenda che i genitori chiedano alla scuola di sapere che cosa viene insegnato ai loro figli, e che possano dire: “questo ci interessa”; “questo non lo condividiamo”; “discutiamo insieme”. In teoria, questo spazio di partecipazione dei genitori è una delle principali aspettative della buona scuola, di ogni progetto di riforma. Di fatto, tutte le volte che i genitori chiedono di essere coinvolti nella progettazione educativa, vengono allontanati. Questa non è sussidiarietà e non è alleanza educativa e quindi non dobbiamo domandarci se questo è uno strumento troppo forte; dobbiamo domandarci perché i genitori sono costretti a farsi sentire con questa modalità e non sono regolarmente informati di quello che avviene nella scuola.

D. – Dai contatti che voi avete con i genitori, percepite che c’è paura che ai loro figli venga in qualche modo insegnato, nella sfera sessuale, qualcosa su cui loro non sono d’accordo?

R. – I genitori sono certamente preoccupati. Dalle poche informazioni che si raccolgono nelle esperienze che si sviluppano nella scuola, si parla proprio di “cambiare la testa delle persone”. Il problema è che questi percorsi di istruzione e di educazione sono percorsi di indottrinamento, sono percorsi in cui si dice: dobbiamo cambiare la testa dei ragazzi rispetto all’atteggiamento nei confronti della sessualità, dell’orientamento sessuale e di tutta questa sfera.








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