Accordo raggiunto tra il governo colombiano e le Farc per la liberazione, "al più presto", di un generale dell'esercito catturato con altri 4 prigionieri, nei giorni scorsi, dai guerriglieri. Lo hanno annunciato a L'Avana i mediatori cubani e norvegesi. Questo potrebbe permettere di riprendere i colloqui sospesi da Bogotà, e avviati due anni fa, per il raggiungimento della pace. Lo stesso presidente Santos, nei giorni scorsi, si era detto sicuro che i negoziati si concluderanno nel 2015. Come esserne così sicuro? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Gonzalo Murillo, coordinatore della Rete nazionale dei Programmi regionali di sviluppo e pace in Colombia:
R. - De manera razonable se pudiera
pensar que los asuntos…
Ragionevolmente possiamo dire che
è perché sui temi più importanti dell’agenda l’accordo già c’è. Già c'è sul tema dello
sviluppo rurale, tema storico che le Farc rivendicano come giustificazione per la
lotta armata; c'è sulla partecipazione politica, e su un tema sensibile come quello
del narcotraffico e delle piantagioni illegali. Attualmente, il dialogo si centra
sui 7 milioni di vittime tra 45 milioni di colombiani, su cui nessuna delle parti
si assume responsabilità e che è un tema cruciale nella sensibilità politica dei colombiani.
D. - Quali le tematiche più difficili il disarmo o il riconoscimento dei diritti delle vittime?
R. – El tema lo más complejo es el tema del desarme, ....
Il tema più complesso è il tema del
disarmo, perché nella memoria della Farc vive l’antecedente della eliminazione del
partito politico Unione patriotica dove militavano diversi dei suoi esponenti. La
sfiducia quindi tra gli attori rimane: una volta fatto il disarmo lo Stato deve poter
garantire loro la vita e i diritti.
D. - Quante persone voterebbero per le Farc se si costituissero in Partito?
R. – Revisando las cifras de lo que fue las últimas elecciones presidentiales...
Se dovessimo prendere come riferimento
le cifre delle ultime elezioni presidenziali, in alcune regioni di Colombia, tra chi
ha votato per la pace sostenuta dal presidente Santos e chi per il candidato oppositore,
contrario al dialogo, potremo parlare di 7 milioni di colombiani a favore e 6 milioni
sfavorevoli. Ma in realtà non si può dire, con certezza, che questi ultimi siano contrari
alla pace o che tutti quelli cha hanno votato per il presidente Santos siano aperti
a trattare con le Farc. Quello che però voglio sottolineare è che ci sono regioni
della Colombia, in cui le Farc hanno avuto una presenza storica molto forte e le cui
popolazioni hanno votato per il candidato contrario al presidente Santos, quindi è
a dire che hanno votato contro la pace. Quindi, non possiamo sapere quante persone
potrebbero arrivare a votare per le Farc. Certo è che le Farc devono compiere una
grande attività politica, guadagnarsi la fiducia degli elettori, avere un progetto
politico, un programma politico che riesca a convincere la gente che rappresentano
una alternativa politica importante. In questo momento, però, io credo che le Farc
non aspirino ad un potere nazionale: aspirano, invece, ad un potere regionale, in
quei territori nei quali hanno avuto una presenza storica. La negoziazione si sta
ora sviluppando ed è legata al controllo territoriale, sociale e politico di questi
territori.
D. - Quale ruolo possono avere l’Unione europea e la comunità internazionale nel raggiungimento della pace?
R. - La Unione Europea ha jugado un papel muy importante en los último 15 años
…
L’Unione Europea ha giocato un ruolo
molto importante negli ultimi 15 anni in quelli che conosciamo come “Laboratorios
de paz”: ne ha finanziati due in 5 regioni segnate dal conflitto e attualmente finanzia
il programma “Nuevos territorios de paz” in 4 regioni. Le risorse sono molto importanti,
perché parliamo di 150 milioni di euro in circa 10 anni. Ma è ancora più importante
il sostegno politico dato al Processo de Pace, perché questo aiuta la società civile
ad organizzarsi e a prendere parte alle dinamiche di sviluppo e costruzione della
pace. Questo approccio è l’unica possibilità di fare una pace sostenibile
D. - Cosa significa pace per la Colombia?
R. - No tener paz es no tener futuro! Construir paz significa un pacto...
La Colombia non può avere un futuro
diverso dalla costruzione della pace. Pace vuol dire patto, grande accordo al livello
sociale e politico. Significa anche trasformare l’assetto istituzionale che oggi abbiamo,
e, per far questo, occorre avere una società caratterizzata da diritti e doveri. La
trasformazione richiede poi un cambiamento del pensiero politico dello Stato: con
l’abbandono dei benefici delle élites e degli interessi dei settori privati che moltiplicano
profitti ignorando la sostenibilità nei territori. Si deve invece rispettare il modo
particolare di vedere, sentire e concepire lo sviluppo dei territori. In questo momento
la ricostruzione che serve è una trasformazione ma per via democratica, non per via
armata
D. - Quale il ruolo, invece, della Chiesa cattolica nel processo di pace colombiano ?
R. – La Iglesia católica tiene una importancia fundamental en la construction...
La Chiesa Cattolica ha un’importanza
fondamentale nella costruzione della pace in Colombia, e così è sempre stato nei momenti
significati della vita del Paese. Oggi la Chiesa Cattolica è impegnata nella costruzione
di un’etica pubblica, nella partecipazione della cittadinanza, nella lotta per l’eliminazione
delle povertà e delle discriminazioni. La Chiesa Cattolica prende parte anche ai “Laboratorios
de Paz” finanziati per l’Unione Europea, in 27 diocesi su 84 dove insieme a imprenditori,
università, camera di commercio e ONG lavora per la cultura del incontro, come la
chiama papa Francesco, e per costruire condizioni a favore della dignità umana e del
bene comune.
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