2014-11-19 11:53:00

A duemila anni dalla morte Augusto torna attuale


In occasione del bimillenario della morte di Augusto, Roberto Toppetta, inviato del Tg3 e Vice Segretario presso l’Associazione Stampa Romana, propone un ritratto dell’imperatore. Ai nostri microfoni, Toppetta parla del suo libro, “Il divo Augusto”, stampato da Schena Editore, e del modello politico dell’imperatore, ancora incredibilmente attuale. L’intervista è di Corinna Spirito.

D. – Il “Divo Augusto”: perché questo titolo?

R. – “Divo” sta per “divino”: Augusto era considerato un essere divino già in vita e da morto fu il terzo uomo ad essere consacrato dio dopo Romolo e il padre putativo, Cesare. Di fatto possiamo dire che suo malgrado egli ha anticipato di duemila anni il culto della personalità, praticato soprattutto nel Novecento da dittatori come Stalin e Gheddafi.

D. – Perché Augusto resta ancora oggi una delle figure storiche più affascinanti di sempre?

R. – Lui fu un grandissimo statista, un genio della politica; come soldato, Augusto era mediocre e in battaglia vinse sempre grazie ad altri; non era come il padre adottivo – appunto, Giulio Cesare. Ma come statista è stato tra i migliori in assoluto. Secondo me, addirittura il migliore della Storia universale. Possiamo dire questo, in sintesi: riportò la pace entro i confini di Roma dopo un secolo di guerre civili devastanti, e seppe dare all’impero romano da lui fondato strutture così potenti, così solide che esso poté resistere per ben tre secoli alle incursioni dei barbari ai confini e a nuove devastanti guerre civili.

D. – C’erano anche note nere nella figura di Augusto?

R. – Sì. Lui le ha avute soprattutto in gioventù. A 19 anni era un “bravo ragazzo”. Quando seppe della morte del padre putativo – nemmeno sapeva che Giulio Cesare lo aveva adottato – divenne un violento rivoluzionario: una metamorfosi bruttissima … E per una quindicina d’anni divenne un personaggio losco. Conquistò il potere, fece fuori tutti i suoi avversari senza alcuno scrupolo. Ma una volta diventato principe dell’impero, divenne una persona saggia, governò per 41 anni da solo, fece una serie di riforme pazzesche importantissime per Roma, trasformò Roma nell’impero più grande dell’antichità e governò con il sorriso sulle labbra.

D. – Com’è cambiata Roma sotto la sua guida?

R. – La Città eterna divenne la capitale del mondo, la vetrina dell’Impero. Prima di Augusto, soprattutto nei secoli precedenti, Roma non era una bella città, ma Augusto realizzò una serie di monumenti incredibili che ancora resistono. Ne cito uno: l’Ara Pacis che era il simbolo della pace riportata dentro i confini romani.

D. – Non solo monumenti, però: sotto Augusto ricordiamo anche il periodo più fiorente della letteratura latina …

R. – Certamente! Ci sono momenti memorabili nella Storia, nell’antica Roma appunto quello di Augusto. Non per nulla l’età augustea si chiama anche il “saeculum augustum”, perché è riuscito a dare il nome a un intero secolo: ha condizionato e influenzato in modo positivo tutta la sua epoca. La sua fortuna è stata quella di avere inventato l’ufficio di propaganda: lui è diventato grande anche perché accanto a sé aveva gente come più tardi Ovidio ma prima ancora Orazio, e prima ancora Virgilio. Cioè, i più grandi autori latini!

D. – Augusto è morto ormai da duemila anni. Cosa può ancora insegnare, nel 2014, una sua biografia?

R. – Io penso che possa insegnare ancora tantissimo. Se mi è consentito un po’ il paragone, io potrei dire che lo stesso Renzi, il presidente del Consiglio italiano, in qualche maniera cerca di calcare di orme di Augusto, naturalmente con tutte le proporzioni possibili. Ai tempi di Augusto, la politica si faceva a colpi di pugnale; oggi, possiamo dire che si fa a colpi di parole. Ma Augusto, per usare un termine renziano, fu il primo “rottamatore” della Storia; creò un vero sistema fiscale per incassare nuove tasse; riformò il Senato, come sta cercando di fare Renzi, e cercò di stroncare la corruzione che già allora era il male più grave della classe politica. Quando prendeva una decisione, possiamo dire che non lo fermava nessuno. Anche in questo, forse, Renzi un po’ gli somiglia. Se Renzi avesse appena appena un minimo dei poteri eccezionali che aveva Augusto, non avrebbe alcuna difficoltà a cambiare il Paese come lui vorrebbe cambiarlo …








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