2014-11-17 18:14:00

Scontri a Tor Sapienza: parrocchie luoghi per costruire cittadinanza


"Il Papa ha ribadito una priorità della Chiesa: innanzitutto l'accoglienza dei migranti, che per noi sono una risorsa. La Chiesa lavora sul territorio per accogliere, creare momenti di incontro e di confronto e per accompagnare tante persone nel percorso della migrazione". Mons. Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio per la pastorale delle migrazioni della diocesi di Roma, commenta le parole di Papa Francesco, all'Angelus di domenica del 16 novembre, dedicate agli scontri tra cittadini e migranti nella capitale, nel quartiere di Tor Sapienza. "Dobbiamo sempre ricordarci perché si emigra: si fugge dalla guerra o dalla violenza o per dalla mancanza di lavoro, come fecero tanti italiani che andarono all'estero dopo il secondo dopo-guerra". "Ma i fatti di Tor Sapienza - sottolinea don Felicolo - ci ricordano che noi uomini di Chiesa dobbiamo essere sempre veicoli conciliatori, di dialogo e confronto, anche con chi vive concretamente sul territorio e si sente spesso trascurato e abbandonato. E questo succede spesso, oggi, nella periferia romana. La protesta dei cittadini di quel quartiere, penso nasca prima di tutto dalla mancanza di servizi, strutture e da un bisogno di essere ascoltati. Spesso, chi è in questa situazione - continua mons. Felicolo - pensa che per essere ascoltato debba alzare la voce, protestare. Invece, le istituzioni dovrebbero ascoltare sempre questa gente, dovrebbe esserci un'interlocuzione positiva con queste realtà per capirne i bisogni e stabilire un dialogo con chi, come questi immigrati, proviene da altri luoghi". "Il Papa - prosegue Felicolo - ha poi sottolineato l'importanza dell'incontro. E' una realtà che io vivo quotidianamente a contatto con le comunità straniere della capitale. Incontrarsi, stabilire rapporti di amicizia, fa superare paure, barriere, pregiudizi, conflittualità. A Roma ci sono tante badanti, tanti lavoratori dell'industria, tanti bambini nelle scuole, che, pur essendo migranti, si sono integrati bene. L'incontro crea amicizia, fa scoprire tante cose comuni, ci fa arricchire della loro diversità. Non è retorica, è esperienza concreta, vissuta sul campo". "Il Papa ha ragione - prosegue il sacerdote - bisogna creare occasioni in cui cittadini e immigrati possano lavorare insieme, magari per migliorare il benessere del quartiere. Sono strade percorribili su cui noi come Chiesa - conclude il direttore dell’Ufficio per la pastorale delle migrazioni della diocesi di Roma - lavoriamo ogni giorno". 

"Quello di Tor Sapienza è un fenomeno diffuso anche in altri Paesi. Non si tratta di razzismo becero, alimentato da pregiudizi etnico-razziali. Ma un razzismo che gli studiosi definiscono 'razionale'. Nasce cioè dal conflitto 'urbano', prima che dal conflitto 'etnico'. Dai tentativi di dare accoglienza a questo tipo particolare di migrazione, persone in fuga da guerre e persecuzioni, e dall'accesso alle risorse che sono percepite sempre più scarse". Lo afferma  Laura Zanfrini, ordinaria di sociologia delle migrazioni e delle relazioni interetniche presso l'Università Cattolica di Milano"Ma si rischia una degenerazione - spiega - soprattutto perché si sottovaluta che le relazioni di vicinanza e convivenza nel quartiere non possono essere imposte dall'alto, ma devono essere costruite nei territori". "Non a caso - prosegue la prof. Zanfrini - le esperienze più virtuose, sia di gestione dei minori non accompagnati, che di gestione di profughi giunti per motivi umanitari, le troviamo laddove la società civile è stata in qualche modo coinvolta, è diventata protagonista e ha guardato a questi problemi con spirito costruttivo". "Ci sono casi di buone pratiche - come quello esemplare di Riace in Calabria - dove quello che era un problema si è trasformato in una risorsa perché ha rivitalizzato la vita sociale ed economica di un quartiere. E qui lo Stato spende molto meno di quanto spende tenendo i profughi in centri di accoglienza temporanei". "A Tor Sapienza la gente invece sembra non essere stata coinvolta e in questo la Chiesa, come in altri casi, ha fatto e può fare molto. Le parrocchie possono diventare luoghi dove costruire cittadinanza dal basso. L'importante è vedere i profughi non solo come soggetti da aiutare ma soggetti da coinvolgere", conclude la prof. Zanfrini.

"I dati possono aiutarci a superare la micidiale triade: crisi economica, presenza degli immigrati, xenofobia", aggiunge Franco Pittau - Presidente Centro Studi e Ricerche IDOS / Immigrazione Dossier Statistico. "Chi dice basta all'immigrazione per lavoro spesso ignora che in Italia è già ridotta al minimo: i visti stagionali nel 2013 sono stati 25mila". "C'è chi dice no ai ricongiungimenti familiari, ma ignora che ci sono norme internazionali che li rendono obbligatori e che comunque sono diminuiti molto, perché la crisi è già di per sé un regolatore". "C'è chi dice inoltre che le richieste d'asilo in Italia sono troppe - prosegue Pittau - ma ignora che sono la metà di quelle registrate in Grecia, mentre quelle registrate in Germania sono più del doppio". "La più grande carenza che noi del Dossier statistico abbiamo da sempre abbiamo denunciato a questo proposito - conclude Pittau - è la preparazione di un'accoglienza solo materiale e l'assenza di una rete nel territorio che coinvolga le associazioni e favorisca l'incontro fra cittadini e migranti. Il dramma italiano è che non c'è stato l'investimento a livello socio-culturale perché si pensa che sia solo uno spreco di denaro".   








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