2014-11-10 14:13:00

L’Iraq conferma il ferimento del "califfo" al Baghdadi


Il "califfo" dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, è rimasto ferito in un raid aereo nel quale diversi altri leader dell'Isis sono rimasti uccisi. È quanto confermato stamani dal Ministero dell’Interno iracheno, dopo che la notizia era iniziata a circolare ieri da fonti Usa. Il Ministero di Baghdad aggiunge che il raid ha colpito una scuola dove era in corso un incontro dei vertici dello Stato Islamico e che il "califfo"' è stato trasferito in Siria, in una regione sotto il controllo dei suoi miliziani, per essere curato. Intanto, secondo le parole di Obama ai media americani, si entra in una nuova fase della guerra, diversa dalla precedente, il cui obiettivo era di contenere l'avanzata dell’Is. Ma quali scenari potrebbero aprirsi con l’eventuale eliminazione della leadership del cosiddetto Stato Islamico (Is)? Marco Guerra lo ha chiesto all’ricercatore dell’Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, Paolo Maggiolini:

R. - E’ chiaro che - se la notizia fosse confermata - per il fronte che sta combattendo Is il morale dovrebbe essere rinsaldato e sarebbe un grande successo. D’altra parte, per la struttura dello Stato islamico, è verosimile pensare che proprio grazie a questa struttura, ove esista veramente, ci dovrebbe essere o ci potrebbe essere già una linea di successione, che chiaramente non correrebbe sulla linea semplicemente carismatica, però potrebbe garantire comunque la tenuta del gruppo e del progetto.

D. - Qualora lo Stato islamico perdesse la sua leadership, c’è anche il rischio che cellule impazzite possano colpire indiscriminatamente un po’ in tutto il mondo, anche in Occidente?

R. - Chiaramente, si apre una fase che va attentamente letta e compresa sul piano internazionale o regionale. D’altra parte, nella componente diciamo localizzata del fronte siriano ed iracheno, lì va valutata effettivamente la forza della struttura. Il progetto è stato quello di rappresentare, appunto, non tanto un gruppo, ma uno Stato, con delle istituzioni e quindi anche con un certo grado di organizzazione. Ecco, sul fronte locale la componente carismatica è chiaramente importante e rilevante, però l’Is sembrerebbe cercare di superare questa dimensione squisitamente carismatica, offrendo un modello di riferimento più ampio. Per conformazioni e gruppi esterni, la successione prevede che questo riconoscimento venga rinnovato al successore. E quindi possiamo attenderci una fase di intermezzo, di valutazione. Quindi, in realtà, a livello internazionale, la minaccia per il resto rimane del tutto intatta: non è nelle sorti di un singolo individuo.

D. - Intanto, Obama annuncia una nuova fase: cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane e nei prossimi mesi?

R. - Obama ha aumentato la presenza militare - però siamo sempre in numeri molto piccoli, perché arriviamo ora ad una quota di tremila - e ha chiesto al congresso di aumentare il budget per le operazioni militari contro lo Stato islamico. Le operazioni condotte soltanto attraverso gli attacchi aerei sono state ritenute per ora necessarie per guadagnare principalmente tempo: questo è quello che, in realtà, Washington stesso ha dichiarato. Dall’altra parte, invece, la consapevolezza che un’operazione di terra sarà necessaria è evidente. Chi poi la farà, questo è l’altro punto. Anche perché il nemico è uno, lo Stato islamico, mentre i fronti e le problematiche che i fronti presentano - sia dal punto di vista militare, sia dal punto di vista delle risposte politiche che vanno date - sono differenti. Nel caso iracheno, la via da percorrere passa attraverso l’esercito iracheno. Nel caso siriano, questa forza militare locale è da creare. Quindi, in realtà, è difficilmente prevedibile la rapidità e la lunghezza di questo percorso, dato che l'Is per essere efficacemente combattuto deve essere affrontato anche sul piano politico ed economico. D’altronde, la sfida che ha posto in questo caso questa nuova, diciamo, "incarnazione" di un movimento più ampio è una sfida politica ed è una sfida economica, più che militare.








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