2014-11-04 08:18:00

Trageria del Mare in Turchia. In Italia salvate 329 persone


"Sono inorridito da questa ennesima tragedia del mare”. Così il commissario europeo per gli affari interni, migrazione e cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, commentando il naufragio di ieri davanti alle coste turche, costato la vita a 24 persone. In Italia intanto proseguono gli sbarchi, mentre Londra continua a ribadire che andrà avanti con la sua proposta di stretta sull'immigrazione. Massimiliano Menichetti:

L’Unione Europea attraverso la voce del commissario Dimitris Avramopoulos si dice inorridita e sconvolta per la morte dei ventiquattro migranti afghani affogati ieri, a Rumelifeneri,  tra il Bosforo e il Mar Nero, sulla costa settentrionale di Istanbul. I soccorritori, che hanno lottato contro il maltempo ed il passare dei minuti, hanno salvato sette persone. A bordo dell’imbarcazione che si è rovesciata, quarantadue occupanti tra uomini, donne e bambini, undici sono ancora dispersi. Secondo le testimonianze i migranti erano diretti in Romania percorrendo la rotta nota delle coste occidentali e meridionali turche. Salve invece le 329 persone provenienti dal Maghreb e sbarcate a Pozzallo, in Sicilia, otto di loro sono indagati perché ritenuti gli scafisti. In questo quadro l’Italia ribadisce che con la missione di salvataggio Triton, "l’Europa è finalmente coinvolta in mare e che ora si punta alla realizzare campi profughi in Africa". Critica Caritas italiana sul passaggio dall'operazione umanitaria Mare Nostrum a Triton, per la riduzione delle regole d’ingaggio. “Un passaggio - rimarcano - doloroso che non avremmo voluto”. Intanto Londra annuncia che andrà avanti con la sua proposta di stretta sull'immigrazione, malgrado l'invito in senso opposto della cancelliera tedesca, Angela Merkel.

Per un commento abbiamo intervistato Donatella Parisi, responsabile comunicazione del Centro Astalli, servizio dei gesuiti per i rifugiati:

R. – Il centro Astalli ha più volte espresso preoccupazione per la sorte delle persone, che si affidano ai trafficanti per cercare salvezza in Europa. Sono persone che non hanno scelta: devono lasciare il loro Paese, perché perseguitate e perché in fuga da guerre e violenze; sono richiedenti asilo, potenziali richiedenti asilo, cioè persone che l’Italia e l’Europa, firmando le convenzioni internazionali, hanno il dovere di proteggere e accogliere. Questo spesso non accade e non accade per una serie di motivi e forse, il più grave è il fatto che manchino canali umanitari sicuri.

D. – Sdegno dall’Unione Europea per quanto accaduto in Turchia e si parla di urgenza di azioni per salvare vite umane...

R. – L’Europa, l’Unione Europea, prova indignazione per i morti, però poi di fatto è corresponsabile di questa situazione, perché l’operazione Triton, che va a sostituire progressivamente Mare Nostrum, è un’operazione di sicurezza delle frontiere, di controllo delle frontiere, che perde quasi totalmente la sua azione umanitaria. Mare Nostrum fino alle 170 miglia dalla costa, il che vuol dire che andava a prendere i barconi in difficoltà anche molto lontano; Triton, invece, arriverà fino alle 30 miglia dalla costa e questo vuol dire che moltissime persone rischieranno di perdere la vita. E’ un arretramento dei diritti.

D. – Si parla di barriera, proprio perché il recupero delle persone che sono in mare viene spostato a 30 miglia. Si lascia un grandissimo spazio in cui può accadere di tutto...

R. – Può accadere di tutto e accadrà di tutto, perché l’esperienza degli ultimi anni ci mostra questo. Il 13 ottobre, quando sono morte circa 400 persone, in fuga dall’Eritrea, che è un Paese in guerra, un Paese in cui i diritti umani non sono garantiti, hanno perso la vita, perché appunto i soccorsi non sono stati tempestivi e non sono stati in grado di salvare vite umane.

D. – C’è chi suggerisce la creazione di campi profughi in Africa, nei luoghi di imbarco. E’ una soluzione?

R. – Noi chiediamo da tempo canali umanitari sicuri. Canali umanitari sicuri vuol dire, per esempio, la possibilità di chiedere asilo in Paesi di transito, in Paesi che sono al confine con i Paesi da cui si fugge e quindi di chiedere alle ambasciate in loco la possibilità di coinvolgere le Nazioni Unite nel rilascio di permessi umanitari, la possibilità di vari progetti di reinsediamento. Ci sono varie vie sperimentate e ce ne sono altre teorizzate, che potrebbero essere in qualche modo messe in pratica. Siamo aperti ad ogni possibilità che, veramente, tolga le vite umane dal giogo dei trafficanti.

D. – Perché l’Unione Europea non riesce ad intervenire concretamente? Triton di fatto è meno operativo di Mare Nostrum, che era solo a carico dell’Italia, com’è possibile?

R. – Secondo me, non si tratta di una situazione di possibilità o meno, ma di una decisione, cioè di una volontà di porsi in un atteggiamento di roccaforte più che di continente aperto e solidale nei confronti dei Paesi, che si trovano in situazioni di conflitto e persecuzione. In Europa, nell’Unione Europea, oggi i diritti umani sono in qualche modo subordinati agli interessi economici, che sembrano prevalere su tutto.








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