2014-11-03 14:08:00

Mons. Dal Toso: i cristiani della Siria non sono soli


I cristiani della Siria non sono soli: è quanto afferma mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, appena rientrato da Damasco, dove ha preso parte alla riunione dell'assemblea dei vescovi cattolici locali. Mentre sul terreno, al confine con la Turchia, l’avanzata del sedicente Stato Islamico (Is) a Kobane è contrastata dalle milizie curde, appoggiate dai peshmerga iracheni, e nel resto della Siria vanno avanti gli scontri tra il variegato fronte di ribelli insorti e quello altrettanto composito delle forze filo-regime, prosegue il lavoro silenzioso di tante istituzioni - cattoliche e non solo - in prima linea nelle attività di assistenza umanitaria nel Paese, sconvolto da oltre tre anni di conflitto. Ce ne parla mons. Dal Toso, intervistato da Giada Aquilino:

R. - In questi giorni a Damasco ho visto un’apparente normalità. È chiaro che sotto di essa ci sono le conseguenze tragiche del conflitto, cioè noi parliamo delle bombe, delle armi, degli attentati, però dobbiamo anche vedere che il risvolto concreto di questa guerra combattuta con le armi è una situazione sempre più devastante per la popolazione nel Paese. Alcune cifre, per capire: quasi la metà dei siriani - vale a dire 10 milioni di siriani - vive fuori dalle loro case; in questa incertezza sociale non c’è più lavoro e, di conseguenza, si è inceppato anche tutto il meccanismo di convivenza sociale; e ci sono difficoltà di accesso ai medicinali. Quindi è chiaro che ciò che impressiona è vedere che la guerra ha poi risvolti concreti nella vita di tante persone, che sono drammatici e che non possiamo dimenticare.

D. - C’è un generale impoverimento della popolazione, da quello che ha potuto constatare? Mons. Audo, presidente di Caritas Siria, ha lanciato più volte l’allarme per un impoverimento della popolazione, non colo cristiana, ma di tutti gli abitanti…

R. - Sì, c’è un generale impoverimento che ho potuto constatare soprattutto attraverso i colloqui che ho avuto. E si sta cercando di arginare questa situazione per come si può, attraverso i nostri organismi di aiuto - che fanno la loro parte - e attraverso anche molti altri organismi che non appartengono alla Chiesa cattolica. Per esempio, c’è un forte impegno delle agenzie delle Nazioni Unite.

D. - Come operano le organizzazioni che fanno capo alla Chiesa locale, ma anche le altre organizzazioni presenti sul campo?

R. - Ho visto una notevole vivacità. Per tradizione, in Medio Oriente i vescovi sono anche padri, quindi sono stati i primi ai quali ci si è rivolti per avere un aiuto. Ho avuto un incontro venerdì mattina con i religiosi di Damasco e ho visto che ciascuno, nel suo piccolo e secondo il suo carisma, secondo le sue possibilità, sta cercando di trovare modi per aiutare la gente, chi nel campo sanitario, chi nel campo educativo, chi nel campo assistenziale, chi semplicemente ascoltando. Abbiamo una grande testimonianza da parte sia del clero, sia dei religiosi di presenza insieme alla loro gente: non sono scappati, sono lì. E questo è un fortissimo aiuto, soprattutto per i cristiani che non si vedono abbandonati.

D. - Tante persone sono state costrette a lasciare le loro case; questa è un’emergenza che non riguarda soltanto, purtroppo, la Siria e l’Iraq, ma anche la Giordania, il Libano e la Turchia e altri Paesi limitrofi…

R. - Il conflitto si è allargato da un punto di vista militare ed è chiaro che, da un punto di vista umanitario, ci sono conseguenze e una reciproca influenza tra queste emergenze; inoltre, c’è una ricaduta sui Paesi vicini. C’è un buon numero di rifugiati anche in Turchia, ma soprattutto in Giordania e Libano, che sono Paesi con una popolazione relativamente contenuta che si è trovata ad accogliere un flusso di profughi di dimensioni enormi, col rischio di destabilizzazzione.

D. - Il Papa, anche con la giornata di mobilitazione e di preghiera per la Siria del settembre 2013, non ha mai smesso di pregare per il Paese, per la sua popolazione. Quanto gli appelli e la vicinanza del Papa sono importanti per i cristiani di Siria?

R. - Credo che siano fondamentali e l’ho sperimentato anche in questi giorni. Per la Chiesa in Siria è essenziale questa presenza, che è stata molto ben recepita e che è stata anche molto ben sentita: i cristiani siriani sentono che la Chiesa universale è vicina, con l’aiuto, con la preghiera, con la testimonianza e questo è un aspetto fondamentale per incoraggiarli, per animarli, per rafforzarli, nonostante le difficoltà che stanno vivendo. Devo anche dire che la nostra azione è orientata a sollevare e a rafforzare la comunità cristiana, ma è orientata anche ad aiutare tutta la popolazione siriana che sta soffrendo in questo conflitto. L’azione della Santa Sede, ai diversi livelli, è per tutti quelli che indistintamente soffrono le conseguenze del conflitto. Per questo speriamo anche che sia un conflitto che possa finire al più presto possibile.

D. - Un conflitto che non coinvolge soltanto i gruppi siriani, ma va oltre: si parla del sedicente Stato Islamico… La speranza, appunto, qual è?

R. - E’ che la violenza possa cessare quanto prima. Tutte queste sofferenze e tutte queste necessità umanitarie sono generate da una guerra che deve finire e qui sono le diverse parti coinvolte a dover trovare una forma di dialogo per riconciliare il Paese.








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