2014-11-01 15:52:00

Card. Sepe: denatalità Meridione, necessaria nuova progettualità


I dati dell’ultimo Rapporto Svimez sulla denatalità nel sud Italia non lasciano spazio a dubbi: nel 2013 il numero dei decessi ha superato di gran lunga le nascite, fatto che non accadeva dal lontano 1861. “Una situazione allarmante per il nostro povero Mezzogiorno flagellato anche dalla forte emigrazione di giovani” commenta il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che alla politica e alla società civile chiede di intervenire in modo concreto, prima che sia troppo tardi.  Ascoltiamo il porporato al microfono di Federico Piana:

R. - Sì, è veramente un dato drammatico quello che ci presenta lo Svimez, perché si accompagna poi a quelli dell’emigrazione, con 116 mila cittadini. Il futuro si presenta quanto mai negativo, pauroso, perché si stima che nei prossimi 50 anni il Sud perderà più di 4 milioni di abitanti. E’ come se stessimo attraversando un deserto: è un processo di desertificazione nella vita dell’uomo, che porta un impoverimento totale delle risorse umane in un territorio che è molto esteso e che dovrebbe costituire invece una grande opportunità da valorizzare e da sfruttare nel migliore dei modi.

D. - Eminenza, secondo lei, quali sono le cause di tutto questo nel Sud?

R. - Credo che non sia una causa unica: è un intrecciarsi di cause, che sono - secondo me - di ordine sociale, prima che di ordine morale. Lo sappiamo, nei nostri territori meridionali sono stati sempre radicati il senso della sacralità della vita, il valore della famiglia…

D. - Quanto realmente il crollo della natalità nel Sud può essere attribuito alla crisi e alle difficoltà economiche piuttosto che ad un indurimento del cuore, all’egoismo individuale e alla mancanza di voglia di mettersi in gioco delle nuove generazioni…

R. - La denatalità è frutto di quella crisi antropologica, di quella nuova cultura che accompagna in qualche modo le giovani coppie e non sempre invece si accompagna ad un rifiuto dei valori morali fondamentali. In questa ottica certamente ha un peso, un peso notevole e alle volte anche determinante, quel senso di egoismo che si insinua nella mente, nel cuore di molti di questi giovani. Io credo anche che un fattore determinante certamente sia dato anche dalla crisi economica.

D. - Si può individuare un rapporto causa-effetto tra la crisi matrimoniale e la denatalità al Sud?

R. - Non si può negare e non si può escludere. Se pensiamo, per esempio, alle famiglie separate, al divorzio: queste persone cercano di non mettere al mondo altri figli, specialmente se hanno già qualche altro figlio. Ma comunque non può essere questa - la crisi matrimoniale - la principale causa della denatalità, anche perché sappiamo che il numero delle separazioni, così come il numero di coloro che chiedono l’annullamento del matrimonio, ad oggi è ancora molto contenuto.

D. - Cosa debbono fare, secondo lei, la politica, la società civile e la Chiesa per tentare di invertire questa tendenza?

R. - Bisogna prendere coscienza di questa grave crisi che stiamo attraversando. Ci sarebbe bisogno, secondo me, di una maggiore ma anche migliore progettualità: bisognerebbe cioè agire con maggiore determinazione, con più responsabilità, con più concretezza; fare investimenti, creare nuovi capitoli e nuove intraprese, incentivi veri e agevolazioni anche fiscali per le nuove attività, per la nuova occupazione; ma anche un migliore e più realistico uso, per esempio, dei fondi europei che sono legati alla programmazione di questi prossimi anni. Se ci si mette con serietà ad affrontare il problema, certamente ci potrà essere una svolta in questa crisi. Quindi non dobbiamo guardare con pessimismo alla possibilità di avere una inversione di tendenza.








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