2014-10-27 14:04:00

Ebola: Ue chiede 40mila esperti. In quarantena in Italia soldati Usa


Ebola spaventa l’occidente e continua ad uccidere nell’ Africa dell’ovest dove sono quasi 5000 le vittime del virus e 10mila i malati. Infatti se l’Unione europea chiede che siano mobilitati 40.000 esperti nel piu' breve tempo possibile, contemporaneamente l’Australia ha sospeso i programmi di immigrazione e l’America ha ordinato l’isolamento per un gruppo di soldati provenienti dalla Liberia e ora monitorati, pur senza sintomi, nella base militare di Vicenza. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Il neo coordinatore dell’Unione europea per l’emergenza Ebola si recherà nell’Africa flagellata dal virus nella seconda settimana di novembre per valutare meglio i bisogni e portare la solidarietà dell’Ue.Ma già oggi le sue dichiarazioni non lasciano dubbi. ”E’ assolutamente necessario”, ha affermato in conferenza stampa Christos Stylianides,“inviare personale sanitario, esperti umanitari e tecnici medici qualificati: quarantamila circa, per 5000 letti in più in Liberia, Guinea e Sierra Leone  da sistemare nei prossimi due mesi. Un’epidemia dunque sottovalutata e affrontata con lentezze imperdonabili, è questo il parere generale. Intanto se la Mauritania ha chiuso le frontiere dopo la prima vittima nel vicino Mali, l’Australia ha addirittura bloccato il programma di immigrazione e il Pentagono in queste ore sta valutando se imporre o meno la quarantena obbligatoria ai soldati di ritorno da missioni in Africa. “No a restrizioni non basate sulla scienza”  avverte l’Onu , ma intanto proprio un gruppo di militari americani rientrati dalla Liberia, pur senza sintomi, sono stati posti sotto osservazione nella base americana di Vicenza. Precauzione, dicono gli Stati Uniti che, in queste ore, a New York stanno monitorando anche un bambino giunto dalla Guinea, con i sintomi del virus. ''Fermare l'Ebola in Africa” sostiene la Casa Bianca “ e' l'unica strada per tutelare gli americani''. 

Ma per capire quale sia al momento il rischio di contagio in Europa e quale la reale situazione nei Paesi africani, Fausta Speranza ha incontrato il commissario europeo per la Salute, Tonio Borg, che parla tra l'altro di tempi rapidi per il vaccino e di contenimento del contagio nei villaggi dei Paesi africani colpiti:

R. – Il pericolo di diffusione di questa malattia in Europa rimane molto basso – pericolo di diffusione che non significa non avere casi di Ebola. Abbiamo avuto soltanto una persona che ha contratto la malattia senza essere mai stata in Africa, le altre sono tutte persone che sono state infettate in Africa, trasportate in Europa per le cure. Dicendo questo io dico però sempre: dobbiamo essere molto vigili. Abbiamo una rete di ospedali con unità di isolamento, abbiamo anche una rete di laboratori per individuare il virus Ebola. Bisogna dire che prima di tutto abbiamo l’obbligo morale nei riguardi di questi Paesi di aiutarli. E qui, l’Europa non ha niente da vergognarsi, perché è stata la prima a stanziare milioni di euro: l’Europa in quanto Commissione Europea, ha già stanziato 180 milioni di euro per questo scopo, mentre gli Stati membri stanno aiutando con oltre 300 milioni in assistenza bilaterale. Per esempio: il Regno Unito in Sierra Leone, perché ci sono legami storici con la Sierra Leone, la Francia in Guinea e in altri Paesi…

D. – E’ corretto dire che Ebola in Europa o negli Stati Uniti risulta curabile mentre in Africa si muore?

R. – Anche in Europa c’è stato chi è stato curato ma è morto, ma grazie a Dio ci sono altri che sono guariti. In Europa, si sta sviluppando un vaccino e ci sono già due o tre progetti finanziati dall’Unione Europea. La Commissione ha stanziato 25 milioni per incentivare la ricerca e secondo le aspettative, nei primi tre-quattro mesi dell’anno prossimo ci sarà questo vaccino. Adesso il problema è come avere abbastanza vaccini per tutti coloro che ne hanno bisogno. Certamente, questi vaccini devono andare primariamente dove c’è il problema. Quando si raggiunge un isolamento del 70%, allora possiamo sconfiggere la malattia. In Africa, in molti villaggi si sta raggiungendo questo traguardo, ma nelle città è più difficile. Stiamo facendo il possibile. E poi dobbiamo parlare dei molti infermieri e medici europei che vanno lì. Ci sono Medici senza frontiere e altri… E’ necessario organizzare un’evacuazione medica, qualora i medici presenti ne avessero bisogno: queste persone vanno lì da volontari e devono avere la garanzia che se succedesse qualcosa a loro possano essere rimpatriati. Lì c’è un coordinamento da parte della Commissione Europea con gli Stati membri, ma ci sono decisioni che sono proprie degli Stati membri, come quella di effettuare controlli negli aeroporti. Ci sono cose che dipendono dalla discrezione degli Stati membri.

D. – In questi giorni, abbiamo registrato il primo morto di Ebola in Mali, una bambina. Deve allarmare particolarmente?

R. – La preoccupazione c’è sempre, ma io cito l’esempio della Nigeria e del Senegal, dove ci sono stati casi ma non c’è stata diffusione. Quando per 40 giorni non si denunciano nuovi casi, allora un Paese è libero da Ebola. Questo non vuol dire che non abbia casi, vuol dire che non ha nuovi casi. E speriamo che in Mali sia un caso isolato.

D. – Innanzitutto, la priorità è, e deve essere, salvare vite umane. Però, con uno sguardo più lungo, pensiamo anche alle economie di questi Paesi: sperando bene che prima o poi si risolva l’emergenza sanitaria, resterà però il dramma di Paesi veramente allo stremo, in ginocchio…

R. – I citati 185 milioni di euro sono destinati principalmente a rafforzare i sistemi sanitari in questi Paesi. Infatti, è inutile trovare una soluzione a questa malattia se poi domani ci saranno altre malattie: a questo l’Unione Europea pensa e infatti stanzia circa 8 miliardi di euro l’anno per Paesi in via di sviluppo.








All the contents on this site are copyrighted ©.