2014-10-26 11:13:00

Fondazione Pangea: un'opportunità per oltre 40 mila donne


Oltre 40 mila donne, dal 2003 ad oggi, hanno avuto l’opportunità di accedere a programmi di microcredito e microfinanza in Afghanistan, Nepal, India e non solo, cogliendo un’opportunità di vita in contesti spesso di guerra, povertà, discriminazione, anche di genere. È il quadro che emerge dal rapporto di Pangea Onlus, sui 12 anni di attività internazionale della fondazione. Il microcredito, nato e sviluppatosi in Bangladesh, per iniziativa del Premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, si è successivamente diffuso, anche a causa del crescente disagio sociale, in città europee e statunitensi. Dell’esperienza di Pangea, parla la vicepresidente Simona Lanzoni, intervistata da Giada Aquilino:

R. - Sono programmi che nascono come progetti di microfinanza, in un’ottica di sviluppo della persona nel suo complesso. Perché non bastano i soldi per uscire dalla malnutrizione e dall’ignoranza, come non basta conoscere i propri diritti senza poterli implementare, perché non ci sono i soldi per vivere. Quindi quello che cerchiamo di fare, attraverso i progetti di Fondazione Pangea, è proprio avviare piccoli crediti, piccoli prestiti, spingendo dapprima le persone a risparmiare e poi ad accedere a piccoli crediti per aprire imprese che possono crescere nell’arco degli anni, per poter sostenersi. Allo stesso tempo, però, chiediamo alle donne di cui ci occupiamo di impegnarsi anche in un altro tipo di percorso parallelo, che non è semplicemente economico, ma permette loro anche l’inclusione sociale. Sono, quindi, percorsi di alfabetizzazione, di formazione per diventare imprenditrici, per conoscere come si diversificano le attività economiche, per capire come si può contrastare la violenza che si subisce in famiglia o all’interno di una società, per imparare i propri diritti. Tutto ciò permette alle donne di fare un percorso di acquisizione di ulteriori capacità, di potenziamento dei propri talenti, per poter riuscire ad essere delle persone che in grado di trasformare non solo se stesse, ma la propria famiglia e la comunità.

D. - Dal vostro rapporto “Donne: ripartire da sé: la microfinanza di Fondazione Pangea come strumento per uscire dalla povertà, attraverso un processo di empowerment” emerge un po’ quello che significa investire sulla donna, soprattutto in Paesi in difficoltà...

R. – Si tratta in generale di investire sulle donne in tutti i Paesi, perché è stato dimostrato da vari studi che, anche in posti come l’Europa, come l’Italia dove comunque i mercati sono maturi, sia dal punto di vista lavorativo sia dell’educazione – molto spesso pensiamo di avere già ottenuto tutto, anche a livello di diritti – comunque ci sono tutt’oggi diseguaglianze di genere molto forti. E il fatto che le donne possano partecipare all’economia, alla finanza, genera automaticamente, non solo più posti di lavoro, ma anche una condizione di benessere maggiore.

D. – Avete il progetto Jamila in Afghanistan, uno per le donne disabili negli slum di Calcutta; in Italia di cosa vi occupate? E’ un progetto in via sperimentale?

R. – E’ un progetto in via sperimentale, perché in passato abbiamo lavorato con donne vittime di violenza e oggi stiamo lavorando con donne che hanno difficoltà semplicemente ad accedere al credito e quindi non hanno per forza un percorso di vulnerabilità alle spalle. La vera vulnerabilità, in questo momento, è vivere la crisi. Tutto il sistema bancario classico ha chiuso i ‘rubinetti’ del credito. E si devono affrontare molte più difficoltà. Ci vuole, dunque, una fortissima determinazione, ma ci vuole anche un accompagnamento.

D. – In tanti anni di impegno in tutto il mondo, ricorda una persona che è stata coinvolta in uno dei vostri progetti e che l’ha colpita particolarmente?

R. – Ce ne sono tante, in ogni Paese ce n’è qualcuna. Mi ricordo una donna, in Afghanistan, che ha cominciato con una macchina da cucire, poi ha aperto un atelier all’interno di un ospedale ed è arrivata a cucire i camici di tutto il personale ospedaliero. Oppure ricordo una ragazza, che non ha l’uso delle gambe, che fa parte di un gruppo di risparmio e di credito in India, a Koppal, che oggi è diventata la responsabile contabile di una banca distrettuale, dove ci sono oltre 13 mila donne e otto cooperative di donne che utilizzano e che accedono al credito, grazie anche al suo lavoro.








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