2014-10-25 08:28:00

Giovanni Paolo II e il “Sinodo itinerante”: libro sui discorsi di Wojtyla ai vescovi


Raccontare in presa diretta San Giovanni Paolo II attraverso i suoi discorsi a braccio nei pranzi con i vescovi del mondo. E’ l’idea originale che ha ispirato la giornalista Angela Ambrogetti nella realizzazione del libro “Il mistero dei 12”, edito dalla Tau Editrice. Un’opera, come sottolinea l’autrice, che non sarebbe stata possibile senza il prezioso e ineguagliabile archivio sonoro della Radio Vaticana che custodisce brani di discorsi improvvisati di Karol Wojtyla in ogni parte del mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto ad Angela Ambrogetti di evidenziare cosa emerge da questi interventi inediti:

R. - Erano, più che altro, momenti in cui condivideva le sue riflessioni: non sono discorsi di Magistero o di cattedra, ma sono la condivisione di un vescovo con altri vescovi. L’idea di Pietro, che è il capo del collegio apostolico e quindi deve confermare nella fede, ma anche essere confermato nella fede, faceva sì che Giovanni Paolo II, nei suoi viaggi, riflettesse. In un discorso in particolare, nelle Filippine, lo dice proprio: “Sono stato tutta la notte a pensare perché le Filippine sono tanto gioiose”. Sembra una battuta, invece no: è veramente una riflessione sulla realtà di quella specifica Chiesa. Quindi è una specie di Sinodo itinerante.

D. - Nelle prime pagine del libro, riporti un giudizio poco favorevole, nei confronti di Karol Wojtyła, di chi lo accusava - critica che a volte ritorna - di essere un po’ un "autocrate" che non era poi così collegiale. Leggendo questo libro si vede tutt’alto…

R. - Wojtyła era un vescovo, e un vescovo è un maestro di dottrina, di fede. È un maestro e ha dei doni, dei doveri, degli obblighi e questo Wojtyła l’ha sempre vissuto. Ma, chi è fuori dalla Chiesa, probabilmente, non riesce a comprendere il rapporto tra comunione e munus.

D. - “Perché il Papa viaggia tanto?”, ad un certo punto, dice in un discorso rivolgendo questo interrogativo a se stesso; e Karol Wojtyła si risponde: “E’ colpa del Concilio Vaticano II”…

R. - Sì, i viaggi nascono dal Concilio, cioè dall’idea che il Papa non deve stare fermo in Vaticano ma deve essere, appunto, un vescovo che va a confermare gli altri confratelli, come una visita pastorale, come un vescovo che visita le parrocchie. Lo spirito è un po’ lo stesso. All’inizio non si capiva perché lui facesse questi viaggi o almeno certa stampa non lo capiva, perché pensava solo ai costi e ad altre cose, ma le Chiese locali hanno bisogno moltissimo della presenza di Pietro.

D. - A un certo punto, infatti, Wojtyła dice che tra i viaggi più belli c’erano quelli in Scandinavia e in Inghilterra, dove di gente ad accoglierlo ce n’era ben poca, però aveva un significato grandissimo…

R. - Lui lo diceva anche ai giornalisti: “Lei va a visitare dei Paesi” - “No, vado a visitare delle Chiese” - questa era tutta la chiave. Quindi, è chiaro che andare a visitare le Chiese più piccole, più deboli, più bisognose, che hanno più bisogno anche di avere sostegno, era proprio questo lo scopo.

D. - La collegialità che si tramuta e si approfondisce in comunione, ricercata da Wojtyła, la vediamo anche nell’organizzazione e nell’approfondimento delle visite ad Limina

R. - Questa era una cosa nata con Paolo VI. Papa Montini le aveva “inventate”, ma ne aveva fatto solo un primo “abbozzo”. Giovanni Paolo II le fa diventare una verità importante, una realtà fondamentale su cui basare e organizzare poi anche le visite nei Paesi. Non per niente, un viaggio del Papa era organizzato con uno, anche due anni di anticipo; proprio per permettere una conoscenza maggiore della Chiesa, questa osmosi con la Chiesa, il rapporto con i vescovi e la conoscenza reale della situazione.

D. - Hai potuto ascoltare, poi ovviamente trascrivere, rileggere tanti discorsi a braccio di Giovanni Paolo II. Quale - se possibile - ti ha colpito maggiormente?

R. - Diciamo che il tema, molto semplice, però anche molto bello, è quello dell’idea di parlare a tavola; l’idea dell’agape fraterna, che Giovanni Paolo II riprende e ricollega agli inizi del cristianesimo. D’altra parte, noi siamo cristiani e il cristianesimo si basa su una cena, su uno stare insieme, uno stare insieme in amore e comunione. Questo è un concetto esclusivamente e squisitamente cattolico, che forse dovremmo reimparare e rileggere.








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