2014-10-21 14:12:00

Turchia apre i confini ai curdi per difendere Kobane dall'Is


Svolta nella lotta contro l’avanzata del sedicente Stato Islamico in Siria e Iraq. Il via libera della Turchia ai combattenti curdi ad entrare nel proprio territorio, per andare a difendere la città siriana di Kobane, da settimane al centro degli scontri tra jihadisti e peshmerga curdi, potrebbe causare un cambiamento negli esiti del conflitto. Si tratta di una decisione storica, che va oltre le difficoltà che da sempre dividono Ankara ed entità curda. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Rosselli, esperto di area mediorientale e anatolica:

R. – Il cambio di linea del governo turco apre un capitolo nuovo. La paura dell’Isis supera la tradizionale diffidenza e ostilità reciproca tra Ankara e peshmerga. Bisogna vedere quali saranno i risvolti. Sicuramente, questo comporta un riavvicinamento tra Ankara e Washington: gli Stati Uniti avevano insistito nel far sì che la Turchia desse la possibilità ai peshmerga curdi di intervenire nella zona di Kobane. Vorrei aggiungere che in effetti il fatto che la Turchia abbia concesso ai peshmerga curdi di uscire dal suo territorio ed entrare in territorio siriano può far pensare anche a una doppia finalità di Ankara: quella di allontanare dal proprio territorio le truppe peshmerga.

D. – Qual è il rischio reale, concreto, che può nascere per la Turchia dall’avanzata del sedicente Stato Islamico?

R. – La Turchia, ovviamente, tiene alla sua integrità. Lo stesso amalgama del popolo turco, pur essendo islamico, rappresenta un po’ un’eccezione, se vogliamo, nello scacchiere mediorientale anatolico. Non a caso, sia la Nato sia Washington hanno sempre in qualche modo sostenuto i governi turchi, proprio anche in funzione antifondamentalista. Diciamo che potrebbe essere intesa anche come una manovra preventiva: il governo di Ankara si vuole tutelare anche da quelli che potrebbero essere movimenti interni di matrice fondamentalista.

D. – Sullo sfondo di questa grande crisi, torna il problema curdo…

R. – Sì, sono decenni che si parla della questione curda... Ricordiamo che i curdi sono un popolo, una nazione, un’etnia, una cultura che non ha nulla a che fare con le Nazioni nelle quali è insediata. La cosa auspicabile sarebbe quella di istituire un governo regionale di un Kurdistan indipendente, almeno sotto il profilo amministrativo. Ma non credo che in questo momento le Nazioni che accolgono il popolo curdo siano predisposte per un’operazione di questo tipo, che comporterebbe inevitabilmente la cessione a un eventuale Stato curdo anche di fonti di approvvigionamento energetico: ricordiamo i pozzi di petrolio di Mosul, i gasdotti… Quindi, non credo che i tempi siano ancora maturi.








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