Continuano ad Hong Kong le proteste degli studenti pro democrazia. Il capo del governo di Hong Kong, CY Leung, punta il dito contro il coinvolgimento di "forze straniere" nella protesta e avvertimenti all'ex colonia britannica in tal senso erano giunti nei giorni scorsi anche da Pechino. Sul significato politico di queste accuse di ingerenza esterna, Elvira Ragosta ha intervistato Silvia Menegazzi, ricercatrice della Luiss ed esperta di Cina:
R. - Da un lato, credo che l’accusa di ingerenza straniera nelle proteste di Hong Kong sia il risultato di quello che Pechino considera dei veri e propri nteressi strategici: la stabilità del sistema, lo sviluppo economico ma, ancora di più, la non interferenza negli affari interni della Cina. Allo stesso tempo, però, l’idea che le proteste di Hong Kong - per le loro caratteristiche, se vogliamo globali - possano essere anche alimentate da forze esterne, permette alla Cina di concepirle non solo come un malcontento derivato proprio dalla struttura politica della Cina stessa, ma anche da fattori esterni. Quindi, c’è una situazione ambivalente e dunque l’accusa che è stata mossa a Stati Uniti e Inghilterra - di essere, appunto, troppo solidali con i movimenti pro-democratici di Hong Kong - resterebbe circoscritta in questo atteggiamento del governo cinese.
D. - Queste accuse potranno cambiare il corso della protesta?
R. - Credo che difficilmente cambieranno il percorso della protesta, così come qualsiasi risultato. È difficile realmente capire come la protesta evolverà, perché nonostante ci siano stati scontri violenti in questi giorni, allo stesso modo c’è una parte della popolazione e della comunità del business che sono sicuramente contrarie anche a queste proteste. Quindi, credo che molto dipenderà anche da come si evolverà la situazione all’interno del movimento e all’interno della stessa area di Hong Kong.
D. - C’è attesa per questo incontro tra i manifestanti e i vertici del governo di Hong Kong: cosa ci si può aspettare a questo incontro?
R. - In realtà, è difficile dire con certezza quale sarà l’esito dell’incontro: sicuramente, il governo centrale, così come quello di Hong Kong, hanno espresso un giudizio che credo difficilmente potrà essere cambiato.
D. - Intanto, c’è una scadenza che il governo di Pechino vorrebbe rispettare: fare in modo che la protesta finisca entro il 12 novembre, cioè il giorno in cui si incontreranno a Pechino il presidente statunitense Obama e il primo ministro cinese Jinping …
R. - Sicuramente è importante per il presidente Xi Jinping dare immagine di una Cina non sconvolta dalle proteste; però, queste proteste si svolgono ad Hong Knog, dunque anche il risalto dato nella stessa Cina continentale è stato molto limitato. Credo che difficilmente possa avere anche un impatto sull’incontro.
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