2014-10-15 15:20:00

Protezione civile: necessario fare i conti con un territorio fragile


Sono due sorelle le vittime del maltempo ieri sera in Maremma. La loro auto è stata travolta dalla piena di un affluente dell'Elsa, in località Sgrillozzo, mentre percorrevano una strada in fondovalle. Persone aggrappate agli alberi lungo la strada e salve per miracolo, il racconto di una delle persone scampate all'alluvione nel comune di Manciano, sempre in Maremma. Temporali e forte vento hanno colpito nella notte anche il Friuli- Venezia Giulia con allagamenti e strade chiuse. Una frana si è abbattuta su una casa nel comune di Muggia, in provincia di Trieste, uccidendo la donna che vi abitava. Situazione in generale miglioramento oggi, mentre continua l’impegno di volontari, esercito e Protezione civile per assistere le persone danneggiate e ci si interroga sulle responsabilità politiche dei fatti di questi giorni. Adriana Masotti ha sentito l’ingegnere Fabrizio Curcio, direttore Ufficio gestione Emergenze della Protezione civile nazionale:

 

R. – Evidentemente il segnale emerge in maniera chiara a tutti: è un territorio certamente fragile, con eventi importanti, che vedono quantitativi di pioggia concentrati in determinate aree, che creano il disastro che abbiamo visto e che è sotto gli occhi di tutti. Questo, al momento. Altri commenti si faranno poi ad emergenza passata.

D. – La maggioranza dei Comuni italiani possiede un piano per la Protezione Civile, ma solo pochi lo attuano. Molti, in questi giorni, hanno lamentato di non essere stati avvisati del pericolo imminente. C’è stato un po’ anche un rimbalzo di responsabilità...

R. – Certamente, la problematica della pianificazione nel nostro territorio è una problematica che anche come Dipartimento nazionale noi stiamo evidenziando da più tempo. Abbiamo promosso sul nostro sito addirittura un’attività di ricognizione, tramite le Regioni, per conoscere quale sia lo stato di pianificazione sul territorio. Ed effettivamente i numeri non sono confortanti. Oltretutto, l’aspetto del possesso del Piano è solamente il primo gradino di una scala, che è molto più lunga e molto più complessa, che va certamente dalla predisposizione di un buon Piano, ma soprattutto alla consapevolezza del cittadino e alla conoscenza delle attività che egli deve porre nel momento in cui si dovesse trovare in una situazione di rischio.

D. –Riguardo a questo la Protezione Civile può fare qualcosa di più, visto che la sensibilizzazione è uno dei suoi compiti?

R. – Come Dipartimento nazionale di protezione civile noi promuoviamo, con grande dispendio anche di energie, queste campagne di sensibilizzazione. Siamo alla campagna: “Io non rischio alluvione” e abbiamo proposto la campagna: “Io non rischio terremoto”. Andremo avanti per la questione dei maremoti. La percezione, però, è che queste campagne in tempo di pace, in realtà facciano molto poco rumore. Anche qui, allora, certamente c’è bisogno di una maggiore profusione di energie per sensibilizzare le istituzioni e i territori, ma c’è anche bisogno di un’attenzione nel momento in cui questo viene fatto in tempo di pace. Io le posso assicurare che queste campagne di sensibilizzazione sono molto spinte sul territorio, ma vorrei sapere quanto sono conosciute.

D. – Si poteva evitare qualcosa di quello che è successo, sia per quanto riguarda i danni sia, purtroppo, le vittime?

R. – Ma, in termini generali, si può sempre evitare, nel senso che qualunque evento di qualunque natura può essere evitato. Dobbiamo sempre ricordarci, però, che le valutazioni non possono essere fatte dopo, ma bisogna farle prima. Allora cerchiamo di fare in modo che capiti di meno o, ancor di più, che non torni a capitare. Il problema non è “poteva essere evitato” – questo si accerterà – l’importante però è che adesso non ci chiudiamo dietro al fatto del “poteva essere evitato” non aprendo gli occhi su quello che dobbiamo fare per evitare che accadano quelle future.

D. – Quindi tutto il discorso della messa in sicurezza del territorio, le opere da far partire subito...

R. – Certamente, anche le opere hanno un’importanza fondamentale. Sappiamo che le opere sono collegate a due attività principali: un primo punto è il finanziamento, quindi le opere devono essere finanziate; seconda cosa, le procedure devono essere sburocratizzate per rendere operative queste opere. C’è anche un problema di qualità delle opere, perché altrimenti continuiamo anche qua a rimandare. Pensiamo che l’opera infrastrutturale possa risolvere un problema culturale. Noi possiamo fare le opere che ci pare, ma se non cresciamo anche da un punto di vista culturale e non accettiamo che comunque il nostro Paese - opere, non opere; infrastrutture, non infrastrutture - è un Paese a rischio, con il quale bisogna comunque confrontarsi, noi comunque la battaglia la perdiamo.

D. – Bisognerebbe ad esempio rinunciare a costruire laddove è pericoloso…

R. – Ma certamente! L’utilizzo del suolo del nostro Paese è uno dei più inflazionati e bisogna partire dal presupposto però che questa è la realtà e cercare di non aggravare le situazioni e soprattutto prendere coscienza, ognuno nel proprio territorio, dei rischi che lo circondano. 








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