2014-10-14 13:13:00

Israele: sì della GB a Stato palestinese va contro la pace


La Camera dei Comuni britannica ha approvato una mozione che chiede il riconoscimento della Palestina come Stato, con 274 voti in favore e 12 contrari. Si chiede al governo di ''riconoscere lo Stato palestinese insieme a quello di Israele'' come parte di un ''contributo per assicurare una soluzione negoziata dei due Stati''. Il premier David Cameron e i suoi ministri hanno scelto la via dell'astensione per evitare polemiche. Israele parla di scelta che "mina le possiblita' di raggiungere una pace reale" nel processo israelo-plaestinese.  Fausta Speranza ha intervistato Claudio Lo Jacono, direttore della rivista "Oriente moderno":

R. – Diciamo che il Regno Unito da sempre ha avuto un atteggiamento non perfettamente allineato a quello del mondo occidentale. Ricordiamo che nel ’47, per esempio, il Regno Unito si astenne dall’approvare il piano poi fallito di spartizione della Palestina, che prevedeva la nascita di due Stati, e in questo mettendosi contro l’opinione invece maggioritaria delle Nazioni Unite di allora, che erano poco più 50 membri, che invece votò questo piano che poi comunque si risolse in un nulla di fatto. La Gran Bretagna ha una conoscenza dell’area evidente per il suo mandato che ha conservato dalla fine del primo conflitto mondiale fino al 1948, cioè fino alla nascita dello Stato di Israele, all’autoproclamato Stato di Israele.

D. – Che cosa può significare in questo momento questo pronunciamento?

R. – E’ un atto voluto da una parte consistente della Camera bassa britannica. Ricordiamo che più della metà dei 650 parlamentari non hanno partecipato al voto, anche se il restante poco meno della metà ha votato a schiacciante maggioranza, salvo poche astensioni, dovute al primo ministro Cameron e a membri del suo governo. Lo scopo è quello di cercare di rimettere in moto una trattativa di pace che è totalmente inchiodata dal governo Netanyahu, aggravata dai fatti di Gaza più recenti con i suoi 2.100 morti palestinesi e 60- 70 israeliani. E’ la volontà di costituire qualcosa che metta nuova carburante nella macchina della trattativa, della soluzione due popoli-due Stati.

D. – La maggiore obiezione invece è che un riconoscimento della Palestina interromperebbe il processo di pace. Ma  non siamo in pieno stallo in realtà?

R. – Certamente! Infatti. E poi bisogna considerare il fatto che già nel 2012 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto lo Stato della Palestina, anche se con alcuni limiti sul piano della presenza di un ambasciatore accreditato alle Nazioni Unite. In questo caso, l’Assemblea generale ha votato chiaramente per una soluzione "due popoli-due Stati", con il riconoscimento della Palestina. E c’è da dire che poi è assurdo parlare di una trattativa nella quale una parte non viene riconosciuta e l’altra detta unicamente le condizioni. Quello dell’Onu è già un precedente enorme, al di là del riconoscimento da parte del primo ministro Löfven, che è stato da poco eletto in Svezia, che già ai primi di ottobre aveva dichiarato che il suo governo avrebbe riconosciuto lo Stato di Palestina. Ovviamente il fatto che questo provochi l’irritazione del governo di Netanyahu è evidente e logico, ma bisogna anche dire che il governo di Netanyahu sembra caratterizzato da un pressoché totale immobilismo nel procedere nei negoziati di pace.








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