Già alla vigilia del Sinodo l’attenzione dei media e dell’opinione si è concentrata sulla possibilità di introdurre novità nella pastorale circa situazioni familiari difficili. “Siamo una Chiesa in cammino” spiega il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo in Brasile. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. – Noi siamo in cammino e cerchiamo di fare luce sulla situazione. Secondo me, c’è un desiderio di cambiamento, ma alla fine cosa deve cambiare? La natura del matrimonio, la natura stessa della famiglia, quelli che sono i principi cristiani riguardanti la famiglia, il matrimonio, difficilmente si possono cambiare. Ma ci sono tante cose che dipendono da forme culturali, locali, storiche, che magari potrebbero cambiare e su questo si riflette e si rifletterà ancora, perché non è che dobbiamo decidere noi. Il Sinodo è consultivo, quindi il Santo Padre ascolta, si fa un’idea e poi deciderà quello che ritiene di dover decidere. La questione, per esempio, del concetto di indissolubilità del matrimonio e la questione delle coppie risposate, che vorrebbero una regolarizzazione del loro matrimonio e vorrebbero accedere ai sacramenti, è una questione che senz’altro ci impegna e che è al centro delle riflessioni. D’altra parte, c’è anche la domanda: noi sulla famiglia, sul matrimonio, dobbiamo davvero cedere a tutte le pressioni che ci sono e che sono anche queste storiche, di questo momento storico, con questa crisi di valori, o c’è un nucleo essenziale, del messaggio cristiano nella parola della Chiesa su famiglia e matrimonio che noi dobbiamo sostenere?
D. – Alcuni matrimoni sono stati celebrati senza che ci fossero le premesse per una validità effettiva...
R. – Sì, su questo c’è chiarezza. Quello che forse manca è la possibilità reale di accesso ai tribunali, all’assistenza canonica della gente. Tanti ancora pensano che non ci sia la possibilità di avere una dichiarazione di nullità o c’è la confusione di pensare che 'nullità’ sia lo stesso che ‘divorzio’. Manca la fattibilità pastorale. E’ su questo che dobbiamo insistere: rendere più pastorale il servizio giuridico canonico, per favorire le coppie che hanno diritto ad una sentenza da parte della Chiesa riguardo la loro situazione.
D. - Crede che su questo si possano fare dei passi avanti significativi?
R. - Credo di sì. Il Santo Padre ha già nominato una commissione per studiare una forma più snella di processo canonico per il riconoscimento della nullità.
D. - Se da una parte viene evidenziata la bontà del disegno di Dio sul matrimonio tra uomo e donna, d’altro canto è stata evidenziata anche l’importanza di quelle coppie che si impegnano a vivere insieme senza celebrare il matrimonio. Questi, in qualche modo, possono essere considerate come una testimonianza di impegno laico di fedeltà?
R. - Sì, nella Chiesa siamo tutti in cammino. Chi è avanti può dare un contributo così come chi è all’inizio del cammino, chi ha dei problemi: tutti sono membri del popolo di Dio. Il popolo di Dio è fatto di santi e peccatori. Non vogliamo tenere solo i santi e cacciare i peccatori. Quindi, anche riguardo al matrimonio, ci sono coppie che vivono benissimo il Sacramento - Dio sia benedetto! -, ma altre che invece hanno problemi. Allora queste devono essere sostenute, incoraggiate. Ci sono coppie che non riusciranno mai “a mettersi in regola”, ma possono vivere tanti aspetti della vita cristiana, anche loro sono parte del popolo di Dio. Questo pensiero non è nuovo nella Chiesa, perché compare già molto chiaramente nella Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II. Però, tante volte questo viene dimenticato. Spesso tra l’opinione pubblica passa questa idea: “La Chiesa è fatta solo di santi. I peccatori sono esclusi”. Non è vero!
D. - In questo solco si inserisce anche tutto il dibattito sull’accesso alla Comunione per i divorziati risposati…
R. - Da una parte sì. Dall’altra bisogna verificare, perché lì c’è la questione di essere in comunione di fede con la Chiesa. A volte una situazione di “matrimonio rotto” rispecchia anche una situazione di non accettazione, di non essere, almeno in parte, in comunione di fede con la Chiesa. Perciò la questione della Comunione non si riassume semplicemente con il dire: “Si può, non si può …Lasciare, non lasciare …”, ma riguarda veramente questa questione di fondo di accettare o non accettare la fede della Chiesa.
Questo il link per intervista integrale a card. Scherer:
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