2014-10-04 13:35:00

Ucraina: la Germania valuta invio di truppe


Cresce il timore per la ripresa dei combattimenti in Ucraina dove separatisti e governativi continuano a fronteggiarsi soprattutto nei dintorni dell’aeroporto di Donetsk. Intanto, secondo la stampa tedesca, nel quadro dell’Osce, la Germania sarebbe pronta ad inviare truppe nella zona Est del Paese per monitorare la tregua. Il governo di Berlino, però, precisa che per il momento sono in corso valutazioni assieme alla Francia. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Fabrizio Dragosei corrispondente a Mosca per "Il Corriere della Sera": 

R. – Diventa quasi una necessità visto che la tregua viene rispettata solo parzialmente. Sul terreno oggi ci sono osservatori dell’Osce, l’Organizzazione europea per la cooperazione e la sicurezza, che dovrebbero monitorare questa tregua anche con l’aiuto di droni. Il numero degli osservatori sarà raddoppiato entro fine anno, ma sicuramente non sono abbastanza. La Germania manderebbe 200 soldati - anche loro sono sicuramente pochi – che probabilmente saranno affiancati da altrettanti uomini dell’esercito francese e forse anche da militari di altre nazioni. Alla fine andranno a costituire una forza di interposizione. Poi vedremo quanto questo influirà sul futuro del Paese, perché tutto ciò dovrebbe avvenire in attesa della definizione di un piano di pace permanente, ma sappiamo bene che queste situazioni provvisorie – com’è successo in altre parti dell’Europa orientale – finiscono per diventare “provvisoriamente permanenti”.

D. – La zona continua ad essere teatro di scontri, con attacchi anche contro strutture umanitarie. C’è il rischio di un ritorno a combattimenti su vasta scala?

R. – Le forze di pace riusciranno, forse, a stabilizzare la situazione e certamente, se non ci saranno svolte clamorose sul piano politico – ma io francamente, vista la situazione, non le prevedo affatto – questo vuol dire un congelamento della situazione attuale: il Sudest dell’Ucraina, la zona attorno al Donbass – per capirci bene Luhansk o Lugansk in russo – e Donetsk rimangono separate dal resto del Paese. Rimangono in una specie di limbo: sono formalmente ancora parte dell’Ucraina, ma in realtà il governo di Kiev non ha più alcun potere lì. Saranno zone amministrate dai ribelli esattamente com’è avvenuto in Ossezia del Sud dopo la guerra civile dei primi anni Novanta; esattamente com’è accaduto in Abkhazia, sempre dopo la guerra civile georgiana di quegli stessi anni; esattamente com’è avvenuto nella Transnistria, la zona separata dalla Moldavia, che si trova tra la Moldavia e l’Ucraina e che è un’enclave russa che da allora continua a vivere autonomamente.

D. – Se questo scenario venisse confermato, quale sarebbe il risultato politico della crisi ucraina?

R. – Il risultato politico sarà il fatto che la Russia ha ottenuto alla fine, grazie anche – devo dire – all’aiuto dei Paesi occidentali e soprattutto degli Stati Uniti, che si sono mossi in maniera veramente direi poco accorta in questa crisi e sicuramente molto poco diplomatica, il suo scopo minimo ma che era anche lo scopo massimo: il Sudest del’Ucraina è separato dal resto del Paese; l’Ucraina è un Paese spaccato in due e quindi qualsiasi ipotesi di futuri ingressi dell’Ucraina nella Nato tramonta; qualsiasi ipotesi di futuri ingressi dell’Ucraina nell’Unione Europea sono da dimenticare. Rimarrà un Paese cuscinetto, come in realtà era all’origine e come doveva forse essere se i ministri degli esteri dei governi interessati avessero fatto bene il loro lavoro: quindi un cuscinetto e speriamo magari anche un ponte di unione tra la Russia e l’Europa, perché ricordiamo che l’Ucraina ha comunque interessi economici molto forti sia ad Est che ad Ovest: ha rapporti di scambio commerciali molto importanti con l’Unione Europea e ha scambi altrettanto importanti con la Russia che – ricordiamo – come minimo fornisce il gas e questo non è un particolare trascurabile.








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